Iori Catia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2008
Il fastidio di avere per capo una donna magari dotata di competenze e abilità mentali è davvero duro da superare. La parità dei sessi, la stima verso l’altra metà del cielo sono frasi totem che fanno ormai parte dei talk show ma sono puntualmente disattese nella pratica del vivere quotidiano.
Certo noi donne siamo pragmatiche, affidabili e costanti al punto giusto ma non ci sappiamo promuovere nel modo giusto. Vorremmo, ma alla fine non osiamo. Paura del successo, terrore dell’emarginazione, ma anche impegno traslato su altre dimensioni. Perlopiù affettive e relazionali. Non a caso gli uomini in genere quando pensano a donne rappresentative del gentil sesso citano Margherita Hack e Susanna Agnelli, viste anche come persone “libere di realizzarsi. In parecchi dibattiti sembra emergere una larga, dominante diffusione di quello che potremmo chiamare “linguaggio dell’uguaglianza” che a stento si accompagna con una “realtà dell’uguaglianza”. Talvolta anzi questo linguaggio può diventare la retorica con cui nascondere le disparità tuttora esistenti. Una retorica che appartiene anche ai politici. Ai quali però noi donne continuiamo a chieder onestà e impegno a migliorare la società. Dimostrando così di essere ancora capaci di sperare, o di sognare. Si sa che in Italia le donne parlamentari hanno lasciato il segno nella vicenda politica. Tre nomi per tutti: Lina Merlin, Nilde Iotti e Tina Anselmi. Altre, meteore, come Irene Pivetti, hanno saputo ben gestire le responsabilità loro assegnate. O le ministre come Rosy Bindi o Letizia Moratti, giudicate spesso più in gamba di molti esponenti del sesso forte. E ricordiamole tante volte onorevoli come Livia Turco hanno saputo far battaglie comuni nell’interesse delle donne. E allora da domani, permettetemi care amiche, rimbocchiamoci le maniche e sosteniamoci a vicenda, facendo lobby. Si dice così, non è vero? Che in soldoni vuol poi dire aiutarsi con tutta la forza che abbiamo.
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