Sopravvissute alla violenza sessuale lanciano una piattaforma di supporto e advocacy
Survivors United for Action, il primo network globale per mettere in contatto e sostenere le sopravvissute alla violenza sessuale durante e i conflitti e promuovere la loro partecipazione nell'indirizzo delle politiche
Venerdi, 20/06/2014 - Questo articolo è apparso in originale sul The Guardian il 13/06/2014. L'autrice è Liz Ford. Traduzione a cura di Silvia Vaccaro.
Jineth Bedoya Lima lavorava come giornalista inviata durante la guerra in Colombia nel 2000 quando fu rapita, torturata e violentata dai paramilitari. Nel 2009, parlò pubblicamente delle esperienze vissute sulla sua pelle e lanciò la campagna “It is not time to be silenced” per sostenere le donne che avevano subito violenza sessuale in Colombia. “Un giorno sono stata una vittima, quando un gruppo di uomini hanno attaccato il mio corpo, la mia anima, la mia vita. Ma adesso, io sono una sopravvissuta e sul mio viso potete vedere lo stesso viso di milioni di donne che nel mondo hanno vissuto la stessa esperienza”, ha detto durante il lancio di quella che è la prima rete globale per donne che hanno vissuto stupri e violenze sessuali durante i conflitti.
“Le sopravvissute hanno deciso di far sentire la propria voce per stare accanto alle donne che hanno subito questi crimini contro l’umanità. Ma di certo non possiamo farlo da sole, ed è per questo che stiamo cercando l’impegno da parte di tutti i nostri governi.”
Quattro Premi Nobel si sono uniti a questo appello delle sopravvissute, insieme ai Ministri degli Esteri della Norvegia e dei Paesi Bassi hanno lanciato la rete “Survivors United for Action network” lo scorso giovedì 12 giugno durante il summit“Ending Sexual Violence in Conflict” che si è tenuto a Londra.
Tra i presenti anche Jody Williams che ha ricevuto il Nobel per la pace nel 1997 per il suo lavoro contro le mine anti-uomo. Mentre stava lavorando nello stato di El Salvador negli anni ’80, subì una violenza sessuale da parte degli squadroni della morte. “Per alcune di noi ci vogliono anni – per me ce ne sono voluti quindici – per parlare di questo, ma la ragione per cui siamo tutti qui adesso è perché vogliamo alzarci e far sentire anche la voce di quelle donne che non sono ancora pronte a parlare di quello che hanno subito. Siiamo qui anche per dire che non proviamo vergogna, quelli che devono provarla sono coloro i quali hanno creduto di avere il diritto di violare i nostri corpi", ha detto la Williams, che è a capo del Nobel Women's Initiative, un’organizzazione fondata dalle donne che hanno vinto il premio che chiede giusizia e pace equa.
Williams ha accolto con soddisfazione l’attenzione che il tema della violenza sessuale perpetrata durante contesti di guerra sta destando l’attenzione dei governi, e spera che il summit di Londra rappresenti un punto di svolta. Ma ha anche ricordato che le parole devono essere ancorate alle azioni. “I governi dicono che è tempo di agire, ma come mi ha detto qualcuno qui durante l’incontro, noi stiamo combattendo contro questo problema già da decenni.”
Sempre la Williams ha sottolineato che i paesi che hanno adottato unpiano di azione nazionale per implementare la risoluzione 1325 del 2000 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che sottolinea l’importanza del ruolo delle donne per garantire la pace e la sicurezza, sono solo 46. “Se dobbiamo aspettare 15 anni perché i governi agiscano, continueremo a soffrire ancora per molto tempo” ha detto.
Gli organizzatori sperano che la rete possa offrire alle donne una piattaforma per entrare in contatto con altre donne che hanno subito violenza costituendo una possibilità di supporto e, al tempo stesso, che possa fungere da gruppo di pressione sui decisori politici affinchè siano garantiti i loro diritti a livello locale, nazionale e internazionale. Spesso le voci delle sopravvissute non vengono prese in considerazione durante le discussioni sulle politiche che direttamente le dovrebbero vedere coinvolte – è stato detto durante la conferenza stampa.
L'idea della rete, che viene finanziata e sostenuta dalla Campagna internazionale per fermare lo stupro e violenza di genere nei conflitti, è emersa due anni fa, quando il ministro degli Esteri britannico, William Hague, ha lanciato la prima iniziativa per prevenire la violenza sessuale nei conflitti. La rete ha già chiesto ai governi di destinare maggiori finanziamenti per le organizzazioni che lavorano per prevenire la violenza sessuale e per fornire servizi ai sopravvissuti.
Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace e co-presidente della Campagna Internazionale contro lo stupro e violenza di genere durante le guerre, ha detto: "Troppo spesso le voci delle sopravvissute sono assenti dai tavoli nazionali e internazionali di policy-making - ed è questo l'anello mancante nella lotta per mettere fine agli stupri e alle violenze di genere durante i conflitti. Con la creazione di questa rete, stiamo portando le voci delle sopravvissuei al centro del nostro movimento collettivo per porre fine alla violenza sessuale nei contesti di guerra."
Nella foto Jody Williams presental la rete "Survivors United for Action network" durante il summit a Londa "Ending Sexual Violence in Conflict" La foto è a cura di Nobel Women's Initiative/Sophia Schorr Kon. Fonte The Guardian.
Lascia un Commento