Sony, la moglie di Satnam Singh: “Italia no bene! Io che faccio?
Poche ma pesanti come pietre le parole di Sony, la moglie del bracciante indiano "ucciso dall'indifferenza" del padrone dell'azienda agricola dove lavorava a Latina
Martedi, 25/06/2024 - Il femminile di giornata / quattordici. Sony, la moglie di Satnam Singh: “Italia no bene! Io che faccio?
Queste fra le prime smarrite parole di Sony la moglie di Satnam Singh, l’indiano morto dissanguato dopo un incidente con la macchina spargi plastica, divenuto il simbolo devastante della disumanità del “datore” del lavoro, l’imprenditore agricolo Lovato nel comune di Latina, la vicenda è nota ma vale la pena di ripeterlo. Satnam 31 anni, come uno schiavo, considerato invisibile dal suo padrone è stato, dopo l’incidente di cui è stato vittima, scaricato davanti a casa, corredato dal suo braccio staccato, depositato in una cassetta per la frutta.
Un orrore troppo esagerato perché l’indignazione, arrivata fino al Presidente Mattarella, non scoperchiasse la già nota ma silenziata realtà dello sfruttamento di tantissimi esseri umani, indiani Sikh nel nostro caso specifico, in provincia di Latina. Donne e uomini sottopagati e sfruttati di cui è parte anche la stessa Sony che con suo marito Navi-come veniva chiamato- lavorava in quella stessa azienda agricola. Esseri umani invisibili e anche forse considerati intoccabili, magari "ispirandosi” alle caste.
Tornando a Sony, la sua disperazione è infinita e con il suo quasi inesistente italiano lancia un'accusa che l’Italia non può ignorare nè sottovalutare :”Italia no bene!” una condanna incancellabile nella sua essenzialità. Ed è lo sciagurato e delinquenziale comportamento di un Italiano che si riverbera su tutto il paese e nello specifico sull’impietoso e liquidatorio giudizio che coinvolge e accusa ingiustamente tutta l’agricoltura italiana, facendo di tutta l’erba un fascio.
Un paese non capace di bene di buono, per la nostra Sony che non riesce a credere alla morte del suo Navi; loro due che, come ripete, non avevano niente se non loro stessi in un paese per cui erano fantasmi, il che permetteva al loro datore di lavoro di pagarli meno che niente, di sfruttarli, fino a pensare di poter nascondere ignorare una ferita mortale, interpretando così, in modo simbolico, la banalità del male.
Lovato, un datore di lavoro capace, per difendersi, di arrivare ad accusare, mostruosamente Satnam di essersi ferito e aver causato guai a tutti per aver disobbedito al suo ordine di non cercare di risolvere la situazione. E per Sony l’ironia della sorte vuole che sia proprio questa personale tragedia: la morte del suo sposo, con cui era arrivata dall'India e condivideva il lavoro, a farla uscire dalla clandestinità.
Non più un fantasma: per dolore! Sony ha infatti ottenuto immediatamente, come da legge, un permesso di soggiorno speciale che le permette anche il ricongiungimento familiare ovvero l’arrivo di sua mamma che ha evocato disperatamente nel suo dolore senza confini, con la Sindaca di Latina che l’ha incontrata rimanendone profondamente toccata e che, come ha dichiarato, cercherà di aiutare. Sony potrà, grazie all’esistere per legge, aprire anche un conto corrente e potrà soprattutto essere parte civile nel processo per la morte di suo marito.
Per Sony è stata poi aperta una sottoscrizione da parte del sindacato per affrontare con dignità e umanità un momento terribile e imprevedibile che le ha stravolto e cancellato la prospettiva della vita, che nonostante disagi e fatica aveva programmato e persino sognato con Navi, in Italia nel paese che nonostante le enormi difficoltà sembrava dare loro una speranza di futuro.
Sony, una giovane donna a cui ci piacerebbe saper rispondere a quella terribile domanda, che ha posto
a tutti noi:”Non ci credo, Satnam è morto, non è possibile. E io che faccio?”
Come non sentirsi coinvolte e coinvolti in una storia come quella di Satnam e Sony, testimonianza di infinite altre nascoste e negate da omertà diffuse e potenti. Storie di morti evitabili, di ingiustizie inaccettabili, di diritti misconosciuti, senza quella dignità di cui ha diritto chi lavora. Dignità che significa riconoscimento come persone con tutto ciò che ne consegue, dando per sottinteso, per non farselo sottolineare da qualcuno, che ai diritti corrispondano anche i doveri. Ma è per i diritti negati, per il rispetto delle leggi che oggi dobbiamo impegnarci. Il resto verrà di conseguenza. Forza Sony siamo con te e con te c’impegniamo perché la morte, invisibile di Satnam, del tuo Navi, di cui dall’India chiede conto anche sua madre, non sia silenziata e produca, almeno, nuovi traguardi di civiltà come sottolineato a gran voce nelle manifestazioni che sono seguite e che non vogliamo si spengano.
Paola Ortensi
Lascia un Commento