Il meglio di noi - La fine di una vita e il regalo del futuro agli altri. Progresso scientifico e solidarietà umana
Giuliana Dal Pozzo Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2007
La sirena di un’autoambulanza che corre a velocità pazzesca fa rabbrividire i passanti e bloccare il traffico a Catania. Chi giacerà sul lettino all’interno, si tratterà di un incidente, di una malattia o, come tutti sperano, di un bambino frettoloso di venire al mondo?
Un pullman è rovesciato sul lato di una strada vicino Vercelli. Dall’ammasso di lamiera accartocciata e di vetri spezzati arrivano grida, pianti e lamenti. Sono voci infantili.
Due tragedie, a sud e a nord dell’Italia che hanno in comune non solo tanto dolore.
Nel primo caso, ci troviamo nella cucina di una casa a Catania, dove una bambina di quattro anni sta affondando la manina nel mucchio rosso e lucente delle ciliegie. E’ contenta la piccola golosa: la mamma, accanto, la guarda, non sospettando alcun pericolo. Ma ad un tratto, la bimba comincia a tossire, diventa paonazza, una schiuma bianca le esce dalla bocca. Un nocciolo di ciliegia le è andato di traverso e le blocca il respiro. Inutile scuoterla, capovolgerla, darle colpi sul petto e sulla schiena. Anche i medici dell’ospedale non riescono a rianimarla…
Secondo caso: un altro bimbo muore, insieme ad un piccolo compagno della sua età e a tanti altri ragazzini feriti una mattina che doveva essere festosa, alle porte di Vercelli. Ritornavano da una gita scolastica a Torino ed erano allegri. Avevano tante cose da raccontare a casa, tanti souvenirs da far vedere. Intanto cantano a squarciagola e si fanno scherzi, come tutte le scolaresche del mondo quando escono dai banchi e si sentono in vacanza. Ma, senza nessun segno premonitore, il pullman esce di strada e comincia a rotolare nel burrone. Dopo si cercheranno le cause del disastro: un malore dell’autista, un colpo di sonno o, ipotesi agghiacciante, uno spinello fumato prima della partenza? La magistratura accerterà i fatti, ma la verità non consolerà, se non in minima parte, lo strazio di quei genitori che aspettano ansiosi e felici, il ritorno dei figli.
Schiacciate sotto il peso del dolore più grande del mondo, quello più innaturale, che non sarà mai superato da un genitore, la famiglia meridionale e quella settentrionale hanno preso la stessa decisione: donare gli organi dei loro bambini morti perché altri bambini malati guarissero, crescessero, vivessero. Solo l’amore verso i più piccoli e fragili fra gli esseri umani rende possibile una scelta simile che pare aggiungere strazio a un corpo ferito a morte; solo un alto concetto della maternità e della paternità, come valore sociale e responsabilità civile, può risollevare dalla disperazione una madre e un padre che pensavano non valesse più la pena di vivere.
Non è una verità facile questa: secondo il Ministero della Salute, nel 2006 in Italia, risultavano essere 10.000 le persone in attesa del trapianto di uno o più organi, mentre i trapianti effettuati erano solo 3.070: un’allarmante sproporzione fra bisogni e disponibilità pagata con migliaia di vite umane. Ugualmente basso il numero dei donatori, anche se va significativamente crescendo : 2.090 sempre nell’anno passato, ma, favorito anche dalle varie campagne mediatiche, un risveglio della coscienza collettiva pare essere documentato dalle A.S.L., dove molte persone in buona salute testimoniano il loro consenso a un eventuale prelievo degli organi, una volta decedute.
Il progresso scientifico ha permesso questo miracolo di solidarietà umana: anche quando la nostra vita è finita possiamo regalare un futuro agli altri. E il pensiero moderno ci permette di credere che altre conquiste verranno se sapremo vedere e rispettare i legami indissolubili che ci uniscono gli uni agli altri.
Lascia un Commento