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SONO FEMMINISTA

SONO FEMMINISTA

MICHELA MURGIA - Le 'differenze unitarie', ricchezza del movimento

Benassi Luca Domenica, 20/11/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Novembre 2011

Un libro importante, a tratti scomodo, per restituire una Maria di Nazareth capace di sfidare le convezioni e le regole patriarcali. “Ave Mary” (Einaudi, Torino 2011) di Michela Murgia, già recensito nel numero di luglio/agosto, è un libro coraggioso che non esita a smascherare e controbattere gli errori della Chiesa. Ne riparliamo direttamente con l’autrice in questa intervista esclusiva per Noidonne.



Ave Mary sembra voler ripulire la figura di Maria delle incrostazioni della Storia, riportando a nudo la figura di una sedicenne capace di scegliere, di dire un “sì” in grado di cambiare la Storia. Qual è secondo te il tratto più eversivo del messaggio che lanci con il tuo libro? Fra l’altro non sei tenera con le gerarchie ecclesiastiche, in larga parte responsabili della “storia falsa” della quale parli…




Il narratore è sempre responsabile dei mondi che costruisce e più è potente la sua capacità narrativa, più aumenta il numero di coloro che in quei mondi andranno ad abitare. Non ho la pretesa di fare eversione con Ave Mary. Mi piacerebbe che lo sguardo di molte persone, uomini o donne, credenti o non credenti, acquisisse nuovi strumenti critici per capire (e se necessario smontare) le storie dove tutti siamo immersi.



Ave Mary racconta Maria, ma non è un libro sulla Madonna. Eppure, si intuisce quanto la Madonna cattolica contemporanea sia lontana da quella delle Scritture, le quali fra l’altro dedicano pochissimi versetti alla madre di Gesù. Non credi che la mariologia e il Magistero ci abbiano restituito una verità di fede in alcuni casi in contrasto con il Vangelo? Il tuo libro tira in ballo questioni teologiche?



È difficile costruire verità in contrasto con un Vangelo che di Maria dice pochissimo. Nello spazio del non-detto tutti i racconti sarebbero stati possibili, ma la Chiesa ha la responsabilità oggettiva di aver scelto il più sistematicamente gerarchico, il più legittimante del rapporto di dominio e sottomissione tra i sessi. Il libro tira sicuramente in ballo anche questioni teologiche, ma trattandole sempre come narrazioni, cioè come luoghi generatori di immaginario. La verità del Vangelo è Gesù Cristo in persona, e per fortuna la persona di Cristo non è proprietà di alcuno. Al massimo i credenti possono provare a raccontarsi qualcosa su di lui - questo è la teologia - ma a patto di non pensare mai di affermare come definitivo qualcosa che non sia stato lui a dire di sé.



Nelle pagine iniziali parli del rapporto fra la donna e il tema della violenza e della morte nella percezione contemporanea, soffermandoti in particolare sul concetto di vittima: “essere identificati come vittime è una condizione che dovrebbe essere transitoria per chiunque, legata a precise circostanze. Non si è vittime per il solo fatto di esistere come femmine invece che come maschi, ma lo si è sempre di qualcosa o di qualcuno.” Cosa pensi del termine “femminicidio”, cioè della violenza e della morte provocata alla donna “in quanto donna”? Non vi trovi una sottile forma di discriminazione rispetto alla categoria dell’omicidio, riguardante l’essere umano nel suo complesso, indipendentemente dal genere?



Questa domanda è discriminatoria nel profondo, perché rifiuta di riconoscere l’esistenza fattuale di un rapporto gerarchico tra soggetti sociali. Nella concezione occidentale dell'esistenza la normalità dell'umano è costituita dal maschio eterosessuale bianco. Tutte le varianti rispetto a questa norma - donna, lgbtq e non bianco - sono considerate ancora recessive e infrattive e devono dare costante battaglia per ottenere uguale dignità. Il primo passo verso il riconoscimento della parità dei diritti è prendere atto che una disparità esiste e che si sostanzia negli atti di forza che i soggetti normanti impongono ai soggetti infrattivi. Per questo motivo esiste l’aggravante dell’odio razziale nei delitti contro i non bianchi e per questo motivo è grave che il parlamento italiano non abbia approvato l’aggravante dell’odio verso i diversi orientamenti sessuali che tanti morti causa ogni anno anche nel nostro paese. I gay e le lesbiche in Italia muoiono non perché sono persone, ma perché sono persone non-eterosessuali. Le donne uccise per mano di mariti, padri, fidanzati e fratelli muoiono in quando non-maschi, cioè in quanto soggetti la cui pari dignità personale e sociale non è stata ancora culturalmente normata.



Nei ringraziamenti alla fine del libro compaiono uomini, anche sacerdoti dei quali preferisci non rivelare il nome. È possibile secondo te attivare un dialogo fruttuoso fra uomini e donne, superando contrapposizioni e stereotipi? Molto spesso, a parlare di questioni di genere, sono donne che si rivolgono alle donne: il tuo libro, invece, è espressamente rivolto a tutte e a tutti…




Non solo è possibile, ma indispensabile. Senza non si va da nessuna parte.



Ti definiresti femminista? Cos’è per te il femminismo oggi? È possibile ricomprendere in questa categoria un fenomeno unitario?



Sono sicuramente femminista e proprio perché lo sono tendo a legittimare come unitarie proprio le differenze all'interno del movimento. I fenomeni che si presentano come unitari solitamente portano una divisa e obbediscono tutti alla stessa persona.



Ave Mary è scritto con perizia e approfondimento da giornalista d’inchiesta, eppure si percepiscono passione, urgenza, voglia di tirar fuori questioni di capitale importanza per la propria esistenza di donna e di credente. È un libro quasi scomodo, lascia spiazzati, non ce lo si aspetterebbe dopo Acabadora. Sei d’accordo? Che progetti si agitano nel cassetto di Michela Murgia?



Non se lo aspettava neanche l'editore, ma per me era un libro necessario. Il successo di pubblico che ha avuto mi dimostra che non era urgente solo per me.

Il progetto nel cassetto per ora è tale, sono scaramantica e considero prematuro parlarne adesso.

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