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Solidarietà, maternità e cinema si sposano alla ‘Baia del Re’

Solidarietà, maternità e cinema si sposano alla ‘Baia del Re’

- Nella rassegna il Mese del Documentario, Doc.it ha puntato su temi forti, incontrando gli autori

Colla Elisabetta Domenica, 10/03/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Marzo 2013

Il tutto esaurito realizzato dalla manifestazione Il Mese del Documentario, organizzata presso la Casa del Cinema a Roma lo scorso febbraio dall’associazione Doc.it, conferma la vitalità del documentario e l’interesse del pubblico per le storie autentiche, soprattutto se ben raccontate. Fra le opere presentate che colpiscono per capacità espressiva e coraggio, c’è ‘Lasciando la baia del re’, della cineasta Claudia Cipriani, storia di un legame fra due donne, maestra e allieva, ed inno alla capacità femminile di anteporre la vita, l’energia, la solidarietà di fronte a qualsiasi difficoltà. Nel quartiere popolare “Baia del Re” della periferia milanese, un’insegnante di doposcuola utilizza la cinepresa in classe e si trova, con una sua alunna, ad esplorare il tema della maternità da punti di vista difficili ed estremi, come l’affrontare una tragica perdita ed andare avanti. Nominato come Miglior Documentario David di Donatello 2012 e Prix Public Jeune al Festival Annecy Cinéma Italien 2012, il documentario è in buona parte autobiografico. Fra le altre opere con temi forti, relativi alle donne, il pluripremiato Bad Weather di Giovanni Giommi, che racconta il mondo della prostituzione dall’osservatorio particolare dell’isola-bordello di Banishanta, in Bangladesh, attraverso lo sguardo diretto del regista e dalle voci di quattro prostitute, che delineano un affresco collettivo di questa comunità. Claudia Cipriani, laureata in Filosofia, giornalista, regista e videomaker per alcune televisioni (fra cui Rai e Sky), ha studiato alla Scuola Civica di Cinema Tv e Nuovi Media di Milano. Tra i suoi lavori, i documentari "Ottoni a scoppio" (2004), "La guerra delle onde" (2009) e "Lasciando la Baia del Re"(2011). ‘noidonne’ le ha posto alcune domande sulla sua esperienza di donna regista.



Come e perché sei diventata 'documentarista'?

Ai tempi dell’università ho cominciato a capire che il documentario non era il genere noioso e didattico che facevano credere le televisioni, poi frequentando i corsi della Civica di Cinema di Milano ho avuto modo di approfondire le mie conoscenze sul documentario e di mettere meglio a fuoco quello che mi sarebbe piaciuto fare come filmmaker. Passando dalla teoria alla pratica, ossia lavorando e facendo riprese nel tempo libero, la possibilità di fare documentario ha cominciato a svelarsi in tutta la sua ricchezza. L’essere documentarista è il mio “esserci” al mondo, il mio dare un significato a ciò che mi circonda.



Qual è per te il senso profondo del documentario 'Lasciando la baia del re', che ti sta dando tante soddisfazioni?

Mi è sempre piaciuto raccontare storie. Ho fatto fatica però a decidere di raccontare un pezzo della mia vita. Ma è una cosa che sentivo di dover fare, per rendere omaggio alla mia bambina. Dico sempre che è un film nato proprio come una dichiarazione d’amore e di rabbia. La più grande soddisfazione è stata constatare dalle parole di chi l’ha visto che in qualche modo molte persone fanno propria la storia mia e di Valentina.



Credi nel rapporto di sorellanza fra donne, come quello che s'instaura fra le protagoniste?

Io credo nella solidarietà tra esseri umani, che trascende i generi. Per esempio nel film stesso, anche il mio rapporto con George, l’altro ragazzino protagonista, è stato un rapporto stretto e solidale, ricco di empatia.



Pensi che le donne abbiano ancora conquiste importanti da fare oggi come oggi? Se sì, quali?

Purtroppo in molti paesi del mondo alle donne vengono ancora negati diritti basilari come l'istruzione. In generale, anche in Paesi come il nostro, siamo ben lontani dall'avere leggi che tutelino le donne contro la violenza, compresa quella domestica.



Essere una donna ti ha creato problemi o discriminazioni nel tuo lavoro/mestiere di cineasta?

Chi si dedica al documentario in Italia ha già così tanti problemi e discriminazioni che non può fermarsi neanche a considerare la sventura che se ne sommino altre. Negli ultimi anni ho notato un aumento di donne registe anche se, guardando le percentuali, sono ancora poche rispetto agli uomini.



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