"..alle istituzioni, alla pubblica amministrazione, alla scuola, alla politica, all’informazione, chiediamo di usare il femminile ogni volta che si parla di una donna, qualunque ruolo o incarico ricopra ..."
Maestro- maestra, chirurgo- chirurga, sindaco-sindaca, avvocato- avvocata :in italiano le parole che finiscono in o al femminile prendono la a. Restano invariate quelle che finiscono in e ma prendono l'articolo femminile, ad esempio, la giudice, la presidente.
Lo dice la grammatica italiana, lo sostiene anche la prestigiosa Accademia della Crusca.
Ma in nome di un presunto "neutro", che l'italiano non ha si continua a fare resistenza nel declinare al femminile una manciata di titoli professionali: ministra, deputata, funzionaria, ingegnera, assessora, mentre è normale dire commessa, postina, operaia, infermiera.
Le donne, presenti oggi in tante professioni fino a poco tempo fa appannaggio solo degli uomini, vogliono la a, chiedono di essere riconosciute.
Per questo 8 marzo alle istituzioni, alla pubblica amministrazione, alla scuola, alla politica, all’informazione, chiediamo di usare il femminile ogni volta che si parla di una donna, qualunque ruolo o incarico ricopra.
Siamo convinte che sia un passo necessario per garantire la rappresentazione dei due generi di cui è fatto il mondo: le donne non sono l'altra metà del cielo, sono una delle due metà.
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