Impressioni carsiche: mercoledi’ 9 marzo alla Sala Comunale d’Arte di Trieste il pittore Silvano Clavora festeggia con una personale i suoi sessant’anni di pittura
Impressioni carsiche: mercoledi’ 9 marzo alla Sala Comunale d’Arte di Trieste il pittore Silvano Clavora festeggia con una personale i suoi sessant’anni di pittura
Mercoledì 9 marzo alle ore 18.30 alla Sala Comunale d’arte di Trieste (piazza Unità d’Italia 4) avrà luogo l’inaugurazione della rassegna “Impressioni carsiche” del pittore Silvano Clavora, che sarà introdotta sul piano critico dall’arch. Marianna Accerboni e dal prof. Sergio Brossi. Nella mostra, con cui il pittore festeggia sessant’anni di pittura, è esposta una quindicina di opere di grande formato realizzate negli ultimi anni a tecnica mista (cemento bianco e grigio e acrilico). Fino al 3 aprile (orario: feriale e festivo 10 · 13 / 17 · 20/ info 335 6750946).
Immaginifico autore dalla variegata produzione pittorica, instancabile operatore e organizzatore culturale e docente di discipline artistiche, Silvano Clavora si presenta ora alla Sala Comunale d’arte con un tema che testimonia un vecchio amore: il Carso. Espresso negli anni settanta attraverso una fine visione pittorica e grafica delicatamente neoromantica, ricca di cromatismi aderenti al reale e sottolineata da un segno incisivo e preciso, negli anni ottanta con atmosfere al limite dell’informale e negli anni novanta grazie a una sintesi segnica e cromatica di notevole originalità, il nostro altipiano è rivisitato in questa mostra da Clavora mediante una serie di concrezioni in cemento bianco e grigio e in acrilico, realizzate negli ultimi anni, che ci riconducono alla sassosità e alla pietrosità del Carso, evidenziandone le superfici scabre, aperte e lacerate spesso come ferite nella pietra e nella terra. Sperimentatore inesauribile e appassionato in particolare del paesaggio, l’artista ha orientato infatti, fin dagli esordi, avvenuti nei primi anni cinquanta, la propria ricerca verso la verifica di numerose tecniche e stili, espletandoli sempre in modo personale e coerente.
Oggi il Carso, che, con le sue asprezze, le sue infinite sfumature e il suo fascino misterioso, ha rappresentato per Clavora il luogo e il momento fisico da cui partire per una complessa e variegata avventura creativa, viene espletato dall’autore come emozione pura, cromatica e materica, simbolizzando così uno degli approdi del suo lungo itinerario pittorico. Percorso che l’artista ha saputo sempre condurre con una sensibilità e una capacità fantastica in continua evoluzione, facendosi interprete dello spirito delle avanguardie del 2° novecento e degli anni 2000.
Silvano Clavora, classe 1932, inizialmente autodidatta e successivamente formatosi alla scuola del pittore triestino Saverio Sorbise e con i maestri Nino Perizi e Livio Franceschini, fin dagli esordi ha amato e praticato intensamente anche la musica, particolarmente la fisarmonica e i compositori classici, che ascolta sempre mentre dipinge. Tant’è che diverse sue tecniche miste portano titoli ispirati alle sette note. In particolare, negli anni giovanili aveva suonato in teatro, alla Rai e nel corso di concerti eseguiti in complessi assieme a Vittorio Carniel, figlio di Publio, celebre compositore e musicista triestino, autore di versi famosi quali "Trieste mia" e "Marinaresca”.
Introdotto nell’ambiente artistico dalla moglie Livia Richermo, che, di origine torinese, aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti di Lubiana e lo aveva incoraggiato a proseguire lungo la difficile strada dell’arte, Clavora era così venuto a contatto con le migliori avanguardie locali, rappresentate all’epoca da personalità tra cui Nino Perizi, Miela Reina, Claudio Palcic, Lauro Crisman ed Enzo Cogno: una realtà particolare quella di Trieste, già di per sè in prima linea nella sperimentazione, poiché gli artisti della città erano tradizionalmente legati alla cultura centro-europea, grazie alla frequentazione delle Accademie di Monaco, Vienna e Berlino, culle delle grandi avanguardie del ‘900. Non a caso infatti il celebre critico e pittore d’origine triestina Gillo Dorfles, riflettendo sul clima culturale della Trieste degli anni venti e trenta, definisce il capoluogo giuliano “una città che, anche se periferica, era decisamente più centrale rispetto all’Europa, di quanto non lo fosse allora il resto d’Italia”: premesse culturali che hanno influenzato non poco l’ispirazione e condizionato positivamente sul piano concettuale una mente giovane e curiosa come quella di Clavora e la sua appassionata ricerca artistica.
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