Inchiesta sugli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG), dove la legge è sospesa tra trattamenti terapeutici e torture. Le donne internate a Castiglione delle Stiviere
        Sabato, 19/05/2012 - Un uomo su un letto guarda fisso un punto sopra il soffitto pieno di umidità incrostate dagli anni. Sente il puzzo di piscio e sigaretta. Sta con la testa appoggiata su un cuscino lurido di sporcizia, intorno spazzatura, scarafaggi e topi girano intorno alle brande. Di fronte ha il bagno alla turca in cui un altro compagno si è appena accasciato, dopo aver tentato per l’ennesima volta il suicidio con i calcinacci. Quell’uomo sta scontando un “ergastolo bianco” nell’inferno che la sua comunità gli ha assegnato. Sente le chiavi del custode che chiude dietro di sè la “cella” dell’”ospedale” in cui è stato rinchiuso dopo aver aggredito un poliziotto in stato di ebbrezza. E’ stato definito dal giudice “incapace di intendere e di volere” con una sentenza che fa riferimento al Codice Rocco degli anni ’30 e che mantiene i principi della scuola lombrosiana. Quell’uomo vive nel nostro presente, e come lui centinaia di altri uomini e donne rinchiusi dentro i manicomi criminali, imbottiti di psicofarmaci, “torturati” nelle camere di costrizioni (“tortura” fu definito così questo “trattamento terapeutico” da una commissione europea che qualche anno fa visitò queste strutture tutte italiane). I 'trattamenti terapeutici' nelle camere di costrizione prevedono che il paziente che abbia litigato, ad esempio, con gli altri pazienti o che abbia aggredito il personale, sia legato mani e piedi ad un letto con un pannolone sotto. Quando va bene 'il trattamento terapeutico' dura per giorni, finché il paziente non è ritenuto in grado di poter ritornare - sereno - tra i suoi compagni. 
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