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Si parla di noi

Si parla di noi

Storia, femminile plurale - Il dibattito sul femminismo e l’attualità delle e sulle donne. Segnali (anche positivi) di mondi in movimento

Giancarla Codrignani Lunedi, 12/07/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2010

Sui quotidiani in questi ultimi tempi si è tornati a parlare di donne con spazio maggiore a quello che noi stesse dedichiamo, almeno "visibilmente", ai nostri problemi.

Lasciamo perdere cose pur importanti: le donne iraniane nel regime della doppia morale che le occulta ma non può impedire il loro affermarsi nel lavoro e negli studi, o le bambine afgane inquiete anche a scuola per il rischio di sfregi e gas tossici di talebani fanatici. O anche la speranza che, dopo l'inizio degli scioperi in Cina, "le prossime frontiere", come diceva - ma pensa! - il Sole 24ore, saranno le donne. Lasciamo da parte anche i pettegolezzi sul "porno rosa" che (forse per qualche ragazza americana a cui le chiese evangeliche dedicano corsi contro la dipendenza dallo shopping and fucking) potrebbe essere letto come un segno di emancipazione.

Fermiamoci un momento a ricordare anche quelle meno riconoscibili tra noi che, in quanto donne, hanno fatto bella figura. Mara Carfagna ha dimostrato al collega Scaiola - che ha giustificato il possesso illegittimo di una casa sostenendo che qualche ignoto a sua insaputa l'aveva pagata - che è politicamente più forte l'ammissione di colpa e la richiesta di scuse: alla presenza di Napolitano, nella Giornata contro l’omofobia celebrata al Quirinale, ha riconosciuto "di essere stata guidata dal pregiudizio" quando aveva condannato non solo i Gay Pride ma tutte le organizzazioni omosessuali, e ha ringraziato "Anna Paola Concia per l’impegno e la delicatezza che ha speso per farmi conoscere la ricchezza del mondo associativo qui presente, con tutte le sue sfumature…". Non dimentichiamo neppure la dignità con cui la conduttrice del TG 1, Maria Luisa Busi, ha chiesto di essere sollevata dall'incarico per non tradire "il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori... quando si privilegia la comunicazione all’informazione, la propaganda alla verifica".

Volevo invece riferirmi a una serie di articoli sul femminismo comparsi sul Corriere della Sera di aprile, aperti da un intervento di Susanna Tamaro (Il femminismo non ha liberato le donne, titolo forse fuorviante). Diceva Tamaro: "siamo passati dall’angelo del focolare alla mistica della seduzione". Essendo una della generazione che ha combattuto la battaglia per la libertà sessuale e per la legalizzazione dell’aborto - non era ancora una cattolica osservante - sente che il discorso sulla vita è rimasto confinato tra due barriere ideologiche contrapposte: "naturalmente, un Paese civile deve avere una legge sull’aborto, ma questa necessaria tutela delle donne in un momento di fragilità non è mai una vittoria per nessuno". Comprensibili a suo giudizio le ragioni delle straniere in condizioni di precarietà e di paura, non delle adolescenti sessualmente trasgressive: "ragazze nate negli anni ‘90, ragazze cresciute in un mondo permissivo, a cui certo non sono mancate le possibilità di informarsi.... Per quale ragione accettano rapporti non protetti? Si rendono conto della straordinaria ferita cui vanno incontro o forse pensano che, in fondo, l’aborto non sia che un mezzo anticoncezionale come un altro?". Tamaro concludendo ritiene che siano meno felici delle loro madri e nonne, in una società che, fin da bambine, tratta il loro corpo come merce, nella latitanza della famiglia, della chiesa, della scuola e nel dominio dei media che omologano. Così non ci sarà "né passato né futuro. solo uno specchio in cui ci riflettiamo infinite volte, come nei labirinti dei luna park... Siamo in mille, ma siamo sole".

Al pessimismo di Tamaro si è affiancata Maria Laura Rodotà, accusatrice delle vetero-femministe che, dopo "le prime, vitali (per molte donne sì, vitali) conquiste sono andate dove le portava l'ombelico e, invece di battersi per quote sul lavoro e asili nido, hanno passato svariati anni a discutere di pensiero della differenza". Al contrario Barbara Mapelli, pedagogista, accusava addirittura di malafede l'intervento di Tamaro che "sbrigativamente e colpevolmente archiviato il femminismo degli anni ’70, si muove verso un’analoga operazione", come se ignorasse che la nostra scuola è l’unica in Europa a non avere mai avuto programmi che prevedano istituzionalmente l’educazione sessuale e che le giovani donne non sono "un esercito di piccole Barbie tutte uguali". Con altro intendimento Bia Sarasini ha criticato nell'intervento di Tamaro un'assenza di "storia" che non induce a pensare né "che la tirannia del corpo e della bellezza sia propaganda, una potente campagna di immagine imposta alle donne, un’arma per bloccare, anzi, meglio, azzerare i risultati di quella liberazione", né che anche questa nuova "mistica della promiscuità" sia una ricerca di libertà. "Bisogna avere ben chiaro che è la libertà femminile l’oggetto della contesa", mentre il titolo apposto dal Corriere rimuove il femminismo "come se il femminismo non avesse nulla da dire, di significativo per tutti, sulla società e la politica. Come se non facesse parte della storia del Paese. Come se l’oggetto del contendere portato sulla scena dal femminismo fosse sul serio la banale e pericolosa libertà sessuale di mettere in atto di qualunque pulsione. Come se in gioco non ci fosse la libertà delle donne (e degli uomini naturalmente)".

Non sottovaluterei questi problemi: un compito per le vacanze.... Oltre a quelli che derivano dal peso maggiore per noi imposto dalla crisi e dal governo e dalla "parità pensionistica" impostaci dall'Europa, pesante a noi italiane per l'assenza dei servizi alla donna come negli altri paesi. Infine un segnale non solo negativo: un imprenditore bolognese, Domenico Cantatore, è andato dal notaio e ha registrato la donazione di un milione alla "Casa delle donne per non subire violenza". Ragazze, non disperiamo!



(12 luglio 2010)

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