Tabù - “Ho chiuso gli occhi e anche annaspato. Meglio la cecità”. Emily Dickinson
Emanuela Irace Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Gennaio 2008
Massima luce massimo buio. Dalla scuola Fiamminga a Caravaggio è la fiammella di una candela, che rischiarando una parte sull’insieme, mette in ombra tutto il resto. E l’interno della stanza sfugge e lo sguardo si concentra sul particolare. Ma è nel buio che si celebra la scena. I tavoli e le sedie, i cani accovacciati, i bambini e le nutrici, i servi e le dame, è l’intera vita a irrompere sulla tela che il pittore ha deciso di lasciare in ombra. E’ quello che succede nella nostra vita quando usiamo i particolari come bussole. Ma è anche quello che accade nell’informazione quando la notizia illumina un fatto, contrapponendolo al buio che è all’origine di un problema. Sempre, la nostra visione è parziale. Ideologica. Monca. Selvaggia. Privi di comprensione chiediamo spiegazioni. Privilegiando la tecnica all’arte. La ragione all’amore. Il razionale alla passione. Includiamo l’altro nel nostro sistema di valori, codici, credenze e Illuminando una parte lasciamo il buio fuori. Quando spieghiamo imponiamo il nostro alfabeto e le nostre categorie. Quando comprendiamo ascoltiamo, avvicinandoci all’oggetto da comprendere diventiamo parte emotiva di un mondo che non è nostro. Incapaci di empatia, manteniamo il profilo basso adattandoci alle regole del sistema, più riflessivi e meno emotivi. Più funzionali ma sempre meno reali, ci allontaniamo dall’oggetto o dall’uomo o dal bambino perché non lo avviciniamo con le sue stesse parole. Usiamo un linguaggio perché non ce ne hanno insegnati altri o non abbiamo voluti apprenderne dimenticando quelli che avevamo. Impoveriamo proprio là dove mettiamo luce. Guardiamo ai bambini illuminando l’aspetto del bullismo, le violenze degli adulti, l’uso della sessualità imposta e precoce. Lasciamo al buio il valore dei riti di passaggio e delle prove della vita. Proteggiamo, esprimendo un potere che nel possesso, annienta autonomia e crescita. Dai tempi di Cornelia, colonizziamo l’infanzia rendendola schiava delle nostre nevrosi, e all’invidia perniciosa verso i giovani anticipiamo l’odio per i bambini. Da quando è nato il mondo il debole è pasto per il forte. Cambiano le armi ma il delitto resta, e si perpetua.
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