A tutto schermo - A Spoleto, ospite del prestigioso Festival dei Due Mondi, la quarta edizione di Without borders. Intervista a Fiamma Arditi
Colla Elisabetta Lunedi, 11/07/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2011
L’edizione 2011 del Film Festival “Senza Frontiere/Without Borders”, è quest’anno a Spoleto 54° Festival dei Due Mondi: grandi novità, tanti ospiti ma stesso spirito accogliente, inclusivo e “planetario”. Fiamma Arditi, la direttrice artistica, vive fra New York e Roma e si divide fra l’attività di giornalista d’arte e la sua antica passione del cinema, materia in cui si è laureata alla Cattolica di Milano. Fra le proposte di questa IV edizione, molte opere di cineaste che trattano temi legati alla donna, al sociale, alla famiglia non-convenzionale, alla comunità-mondo, tutti connessi al tema “Home”, casa, scelto quest’anno dal Festival.
il Festival quest’anno ha cambiato “casa” … è stato per riallacciarsi al tema “Home”?
Dopo tre bellissime edizioni presso la Casa del Cinema, il Direttore del Festival di Spoleto ci ha invitato allo storico Festival dei Due Mondi, presso la Sala Frau, dall’1 al 3 luglio. Il tema di quest’anno è “Home”, la casa, concetto che spazia dall’identità, ai rifugiati, ai senza fissa dimora, comprendendo anche chiunque sia alla ricerca dello star bene con se stessi e con il luogo dove si vive. Fra i temi sottesi all’interno di “Home”, ci sono la convivenza civile, il senso della comunità, il potere della compassione, l’istruzione e l’arte come mezzi universali per sentirsi ovunque “a casa”: la base di tutto, ovunque, deve essere l’incontro vero fra esseri umani. I film selezionati sono 12. Nonostante la crisi, abbiamo avuto amici ed istituzioni che credono in noi e nelle nostre scelte culturali, attente ai temi del nostro tempo, quali Banca Intesa San Paolo, Postevita, RaiEducational, Fandango, Officine UBU, New York Foundation for the Arts (NYFA), Uliveto e tanti, tanti altri. Il nostro è un progetto “sul campo”, umanitario ed aperto al mondo, infatti in futuro vorremmo far viaggiare il Festival in altri luoghi. Uno dei nostri obiettivi è quello di aprire la porta alle arti, non solo al cinema, perché crediamo profondamente nella forza che ha l’arte di trascendere e superare la povertà e la sofferenza. La nostra iniziativa è patrocinata da istituzioni culturali ed educative, fra cui l’Unesco, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il DAMS di Bologna e da Enti Locali (Comune di Spoleto e Regione Umbria).
C’è un ricco programma, con opere al femminile, su questioni molto importanti, ce ne illustri alcune.
Sono convinta che siamo tutti intrappolati in strutture politiche, economiche, religiose che ci dividono e ci fanno soffrire ma i registi e le registe hanno la possibilità di raccontare storie di esseri umani che riescono a superare le barriere fisiche e mentali per creare un ponte tra realtà apparentemente inconciliabili. Fra le opere di quest’anno ricordiamo: “So far from India” (1983), un docu-film di Mira Nair, sul difficile trasferimento di una famiglia indiana a New York; “Budrus” (2010), della regista brasiliana Julia Bacha, sulla pacifica opposizione di un gruppo di donne di Fatah, Hamas e Israele, allo sradicamento degli ulivi in un piccolo villaggio palestinese; “Waste Land” (2010), di Lucy Walker, Karen Harley e Joao Jardim, un viaggio straordinario nella discarica più grande del mondo, Jardim Gramacho, alle porte di Rio di Janeiro, dove l’artista Vik Muniz lavora per trasformare la spazzatura in opere d’arte, dando la possibilità a molti ragazzi delle favelas di trasformare la sofferenza in creatività e speranza per il futuro; “White material” (2009), di Claire Denis con Isabelle Huppert, storia di una famiglia francese che vive in Africa, in una ex-colonia e, durante la guerra civile, cerca di salvare la propria casa, le piantagioni di caffè e, al tempo stesso, la propria identità. Molto attesa anche l’anteprima mondiale del cortometraggio di animazione “Hometown” (2011, 5’) scritto da Yoko Ono, la compagna di John Lennon, un cartone con bambini di tutto il mondo che parlano di casa, amore, speranza.Sarà inoltre presentato “Vision” (2009), ultimo film della grande Margarethe Von Trotta, con Barbara Sukowa, sulla figura di Hildegard von Bingen, una suora benedettina del XII secolo, prigioniera del mondo patriarcale della chiesa medioevale. La Von Trotta e molte altre registe saranno presenti durante il Festival.
Anche in questa edizione ci sono diversi eventi speciali e ricorre l’omaggio all’intelligenza, creatività, spirito di adattamento e libertà intellettuale delle donne…
Nella serata di apertura del Festival è previsto un tributo a Vandana Shiva e verrà distribuito il volume “Earth Democracy - Il bene comune della terra”: alla grande filosofa indiana è dedicato il concerto del trio Angelica Ponti, Luca Biada e Alessandro de Berti. Altro omaggio è quello che abbiamo voluto rivolgere al Giappone, colpito da calamità naturali e dal rischio nucleare, inserendo in programma il film “Kamome Diner” (2006), della regista Naoko Ogigami, storia simbolica di una giovane giapponese che apre un ristorante ad Helsinki, in Finlandia, che, dopo l’iniziale diffidenza, diviene luogo di accoglienza per molte persone grazie all’atmosfera ed al cibo delizioso. Anche l’Iran verrà ricordato nel Festival, con la proiezione del corto di animazione “Poeticide” (2010), di Payam Mofidi, metafora del comune viaggio umano privo di certezze, alla ricerca dell’identità e della casa; sarà inoltre presente la regista iraniana Shirin Neshat, una generosa amica, membro del Comitato scientifico del nostro Festival, che sta ora girando un film sulla cantante e musicista egiziana Oum Kalthoum. In omaggio al cinema del passato, abbiamo inserito il film Niemansland del tedesco Victor Trivas (1931), ambientato durante la Prima guerra mondiale e censurato durante il Nazismo, un film che ripudia la guerra. Interessanti anche i quattro corti provenienti dal Festival “Plural +” che stimola giovani di tutto il mondo ad affrontare video-temi come l’inclusione sociale, l’identità, la diversità, i diritti umani. Completano il programma due film su temi attualissimi, il primo “Donor Unknown” di Jerr Rothwell, è la storia di una ragazza nata con l’inseminazione artificiale che va in cerca del padre biologico e scopre di avere 52 fratelli, e racconta un “altro” tipo di famiglia, mostrando che non ne esiste una migliore di un’altra; l’altro, Kawasaki’s Rose (2009), di Jan Hrebejk, evidenzia un dramma familiare e politico nella Repubblica Ceca, con risvolti psicoanalitici.
Secondo lei quanto c’è di specificamente femminile nel Festival che dirige e nelle sue proposte? Come vede il futuro di un Festival “senza frontiere”?
Le proposte del Festival sono molto al femminile, forse perché anche il Comitato di direzione (Janina Quint, tedesca, Mariam C.Said, libanese, Danae Elone, israeliana) e quello di selezione hanno una forte impronta in questo senso. Inoltre sono convinta che la compassione (molto vicina al tema di quest’anno) sia un seme connaturato al DNA della maggior parte delle donne, che hanno un modo di entrare nelle pieghe più riposte delle situazioni e dei sentimenti, di condividere, esserci, comprendere. Ciò senza nulla togliere agli uomini, con i quali esiste una complementarietà, ma noi siamo più dedite all’ascolto. Sono comunque convinta che da tutti si possa dare e ricevere qualcosa. Lavoro al Festival con tantissime donne che mi regalano ogni giorno la loro passione e professionalità: in futuro vorrei lasciare questo prodotto in mano alle ragazze ed ai ragazzi, ai giovani delle nuove generazioni.
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