Martedi, 17/09/2013 - SNOQ Cagliari aderisce al documento sul DL Sicurezza condiviso da 37 Comitati a livello nazionale.
Di seguito il testo.
Come già sostenuto nella nostra campagna “Mai più complici” e in tutti gli interventi che i comitati territoriali di “Se Non Ora Quando” hanno portato avanti - in accordo con il trattato di Istanbul, la convenzione NO MORE, il Rapporto CEDAW e tutta la ricca elaborazione che arriva da anni di lavoro sul campo da parte di operatrici e donne competenti - la soluzione al problema della violenza di genere deve nascere dal riconoscimento che la questione non è emergenziale ma culturale e va cercata in un’ottica di educazione alla differenza di genere, alla prevenzione, alla autodeterminazione della donna.
Il termine “femminicidio” – che il movimento ha contribuito a diffondere – ha una sua cruciale importanza e deve essere adottato dalle istituzioni e dalla società tutta a significare la comprensione e la metabolizzazione del fatto che le donne vengono uccise “in quanto donne” e non per inesistenti questioni “passionali”. In questo senso le conclusioni del processo per l’uccisione di Stefania Noce che introducono per la prima volta nelle motivazioni di una sentenza il termine “femminicidio” e che condannano all’ergastolo in prima istanza l’assassino per premeditazione sono emblematiche della direzione che la giustizia e la applicazione della legge devono prendere nel nostro Paese.
Di fondamentale importanza, inoltre, è il lavoro che i centri antiviolenza e gli operatori tutti stanno portando avanti perché le donne raggiungano una sempre maggiore consapevolezza e autonomia attraverso un piano di contrasto alla violenza declinato in ogni possibile forma di “accompagnamento” nel percorso di fuoriuscita dalla violenza stessa.
Questo significa dunque che la presenza dello Stato all’interno della battaglia contro la violenza di genere deve prevedere un robusto intervento di sostegno alla rete dei centri, alle campagne di informazione ed educazione a partire dai giovani e giovanissimi, a un piano complessivo e generale che comprenda anche un potenziamento delle possibilità occupazionali che rendano le donne maggiormente indipendenti e quindi meno ricattabili.
Esiste una legge, la 154/2001, che prevede già moltissimi interventi a contrasto della violenza domestica e non, integrata dalle successive specifiche contro lo stalking, ma che purtroppo non viene sufficientemente applicata.
Il DL sicurezza, varato ad agosto e contenente norme in materia di violenza contro le donne, si inserisce certamente in un momento in cui il femminicidio, per i moltissimi casi che purtroppo si registrano quasi quotidianamente e per l’attenzione diversa che anche i media vi riservano, comincia ad essere percepito anche dall’opinione pubblica come espressione di una violenza tutta maschile perpetrata contro le donne. In questo senso riteniamo che il DL abbia, quindi, il merito di richiamare all’attenzione della politica e del Paese tutto il problema della violenza e ci auguriamo possa fornire reali strumenti per un’ applicazione più rigorosa della la legge 154/2001.
Nondimeno nel DL sono contenuti alcuni elementi che ci preoccupano e che riteniamo presentino forti criticità:
non c’è un impegno concreto a investire in percorsi educativi e formazione;
non si prevedono finanziamenti ai centri antiviolenza e alle reti di supporto alle donne;
non si parla di centri di ascolto o percorsi formativi per gli uomini maltrattanti.
Entrando poi nel merito di alcuni punti del decreto, osserviamo che:
la non revocabilità della querela da parte delle donne offese è un’arma a doppio taglio. Potrebbe essere applicata in maniera responsabile solo se si garantisse concretamente alle donne che le violenze non continuino, ma questo può avvenire solo se viene finanziata e fatta crescere la rete di supporto alle donne in ogni momento del percorso di distacco.
l’inasprimento della pena di un terzo nei casi in cui le violenze vengano perpetrate da un coniuge/partner rispecchia la frequenza dei femminicidi che avvengono in ambito domestico, ma rischia di discriminare tutte le altre situazioni di violenza.
Osserveremo dunque con interesse il prossimo percorso del decreto, augurandoci che le istituzioni vogliano accogliere, insieme alle nostre, le osservazioni che giungono da tutto il mondo femminile e da numerose voci competenti. Non c’è possibile sconfitta della violenza di genere senza un ampio lavoro culturale, preventivo, educativo.
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