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Sempre la violenza

Sempre la violenza

Il potere dei maschi - Il genere maschile conosce l'infamia di reati specifici e non sente il bisogno di indagarne pubblicamente le cause

Giancarla Codrignani Domenica, 24/07/2011 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2011

Sarebbe carino passare l'estate serenamente e immaginarci come in certi film inglesi, in campagna, con un cesto al braccio, a raccogliere rose. Teniamoci il sogno come augurio di tante giornate belle.

Invece un vecchio articolo sulla Somalia del New York Times (di Nicholas Kristof, 25 maggio) rimasto in mente induce ancora a meditare A Rite of Torture for Girls, il rito della tortura riservata alle ragazze: la mutilazione genitale. La tortura "ordinaria", se si può dire, la si riserva ai nemici, per paura o vendetta: non dovrebbe essere agita dalle madri sulle figlie per amore. Eppure un'infermiera racconta di bambine che arrivano in ambulatorio con orrende infezioni pelviche e blocco urinario "operate" dalla mamma: disastri di un plagio delle menti volto ad assicurare la castità alle ragazze, perfino con la mutilazione radicale "faraonica" che, spesso senza anestetico, comporta il taglio dei tessuti genitali comprese le labbra e la ricucitura di quel che resta, lasciando un foro per l'urina e il mestruo. Sembra intollerabile non solo a noi donne, ma anche ad un uomo che pensi allo sposo che userà il coltello.... Ormai in quasi tutti i paesi di tradizione infibulatoria le proteste femminili hanno indotto i governi a vietare per legge queste pratiche e perfino in Somalia si tenta la via delle escissioni simboliche; ma molte mamme continuano a ritenere che sia un rito buono, che renderà donne oneste le loro bambine, mentre le ragazzine aspettano con trepidazione il giorno che le farà degne di un marito, proprio come le loro mamme e nonne.

Se superiamo l'orrore e la compassione per le centinaia di bimbe che ogni giorno vengono mutilate e condannate a una vita di sofferenza, domandiamoci che cosa abbia indotto l'uomo - perché nessuna donna, neppure alle origini della specie, poteva pensare di mutilarsi proprio lì - a sacralizzare la violenza più atroce e perfino l'autolesionismo. Infatti, perché mai godere di una donna che non conoscerà mai il piacere ma solo la tortura del rapporto? In linea ipotetica, che fatico a formulare, solo il potere proprietario del possesso e l'odio originato dalla paura di un corpo che riproduce la vita hanno indotto questa perversione.



Con uno stacco violento - ma la violenza è, ancora una volta, il nostro problema - ripensiamo a Strauss Kahn. Un uomo direbbe che non c'entra. Invece... Quando il direttore del Fondo Monetario fu tirato giù dall'aereo e imprigionato per aver aggredito a scopo sessuale una cameriera d'albergo, molti sospettarono una congiura: l'arresto poneva fine alla carriera di un potente che si sapeva pronto a salvare la Grecia dal fallimento e ad aprire una nuova porta di sussidi ai paesi più svantaggiati. Ma "l'incidente" ha messo in luce l'incredibile livello di violenza dell'uomo che, proprio per la propria autorevolezza, avrebbe dovuto essere sempre in sospetto. Invece, vista una cameriera, le è saltato addosso.

"Possedere" è il verbo che, se per un uomo definisce il rapporto sessuale, appartiene direttamente alla sfera proprietaria. Per una donna l'idea di "essere posseduta" potrebbe produrre qualche eccitazione, ma solo finché non pensa al significato reale dell'espressione. Il potere sul corpo femminile è la vera distorsione che vizia ogni relazione, tanto più se definita amorosa. Strauss Kahn, aggredendo la povera signora, le gridava "ma sai chi sono io?...": perfino nell'orgasmo sentiva non la potenza del sesso, ma la superiorità gerarchica, ben nota alla storia della cultura maschile, come lo ius primae noctis che imponeva a un "inferiore" di concedere la deflorazione della moglie al "signore".

Giustissimo pertanto sia l'arresto sia la forte pubblicizzazione del reato da parte delle autorità americane che avevano già umiliato davanti ai giudici il presidente Clinton. Ogni abuso sessuale deve essere per sempre e ovunque giudicato reato grave per l'inviolabilità del corpo e la dignità della donna. Non ha persuaso, invece, la reazione dei media europei: a parte i tentativi di difesa, nessun commento ha messo sul banco degli imputati la cultura maschile. E gli uomini, proprio quelli che non si comportano come S.K., non si sono domandati come mai il loro genere conosca l'infamia di reati specifici e non il bisogno di indagarne pubblicamente le cause. La società intera ne ha danno se anche i migliori si fanno complici.



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