Tabù - “Noi possediamo soltanto ciò che non possiamo perdere in un naufragio”. Al-Ghazali
Emanuela Irace Lunedi, 13/02/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2012
C’è un termine concreto e violentissimo, nella lingua araba, che esprime con sapienza il concetto di mutamento come conseguenza di una separazione. È la Fitna. Parola che rimanda alla scissione del monolite Islam in due distinte dottrine: Sciita e Sunnita. L’atto di nascita avviene per suddivisione. Nei gameti della cellula umana. Nel Big Ben che crea pianeti e nella differenziazione dal Padre che fa del bambino un adulto. Più che unire, crescere è separare. Assumere una dimensione autonoma per discostarsi dal modello precedente. Crescere significa essere diversamente da come si era prima. Un passaggio doloroso che per la nostra cultura, nata dal simbolismo della crocifissione, non può che essere uno strappo. Nel consorzio umano - tra bipedi senzienti - per dirla con Kant, quel passaggio è tumultuoso. Violento. Come spiega la psicanalisi: si cresce nel dolore. E in politica, specie a sinistra, di dolore ce n’è parecchio ma a quanto pare non è sufficiente. L’eterogenesi dei fini ha prodotto più che un tradimento una incapacità. L’America di Obama piegata alle lobbies mostra tutta l’inutilità del compromesso riformista. Per Governare ci vuole carattere e separazione. Soldi e amicizia con i poteri che contano. Trucchi e accordi con chi decide. Ci vuole faccia e terrore e amore per diventare l’unica cosa che non possiamo perdere in un naufragio, anche per governare. Diversamente non funziona.
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