Paolo Poli - Sono grandi giornaliste del Novecento ad ispirare lo spettacolo in cui si uniscono l’ironia indaffarata e una raffinata contestazione delle banalità
Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Febbraio 2008
Con quei fianchi limati da mannequin anoressica, la figura sottile come un termometro, Paolo Poli, ineffabile, delizioso artista, può infilarsi negli abiti che vuole. E lo fa con suprema eleganza nella sua più recente preziosità teatrale intitolata ‘Sei brillanti (Giornaliste Novecento)’. Volteggiando soavemente infervorato in un arco di tempo dagli anni Venti agli Ottanta del secolo scorso, si identifica con sei efficaci narratrici di fatti e costumi legati al loro tempo. Fa capolino un piccante legame erotico fra distinte dame spiate da una cameriera esterrefatta (Mura, anni Venti); si disegnano desolanti, macabre, grottesche tragedie di vita (Paola Masino, anni Trenta). Si intuisce Irene Brin nei curiosi ricami descrittivi del dopoguerra; mentre il tuffo nell’economia giuliva e nel rinnovamento patinato degli anni Settanta avviene insieme a Camilla Cederna. Segue una petulante Natalia Aspesi che munita di taccuino tiene testa a un cardinale in tema di aborto, famiglie, scapoli e infine, da uno scritto brillante di Elena Gianini Belotti, Adagio poco mosso, si agita con misura salottiera una vedova che evoca commossa un quadro domestico invaso dai dispotismi e dai soprusi del caro estinto. I fili che uniscono le sei brillanti penne sono l’ironia indaffarata e una caustica, raffinata contestazione delle banalità e delle ipocrisie dissimulate nelle istituzioni, nella chiesa, nel costume, nella società. Ma l’impareggiabile menestrello tagliuzza lievemente tutto quello che sfiora. Con scioltezza e aristocratico distacco sussurra, insinua e allude appena: sempre sul filo del rasoio, sempre con stile e un garbo degno del frac che indossa fra una smagliante toeletta femminile e l’altra. Alla magia del suo tocco surreale e alla perfezione del suo spettacolo ben riuscito contribuiscono il linguaggio ricco, preciso e ben scandito, le canzoncine maliziose (dai Tuli-tuli-tulipan del Trio Lescano a Splendido Splendente), i costumi usciti dall’estro di Santuzza Calì e le scene di Lele Luzzati, una più sorprendente dell’altra, ispirate ai grandi maestri del Novecento da Picasso, a Balthus, da Delvaux a Bacon, a Casorati. La tournée continua fino a maggio. Chi non coglie l’opportunità non sa cosa perde.
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