Martedi, 17/09/2019 - Il 76esimo Festival di Venezia ha saputo mantenere uno sguardo di genere, sia nella Giuria, sia nella selezione e nell’assegnazione di alcuni premi, riconoscendo in molti casi il meritato peso all’impegno, ai temi e ad una visione originale e non scontata al femminile di cineaste, attrici, sceneggiatrici e produttrici, come ben emerge dalla scelta di omaggiare con la Coppa Volpi Ariane Ascaride, donna e attrice magnifica ma tipicamente anti-diva (a fronte di concorrenti quali Scarlett Johansson e Meryl Streep, pure impegnate ma certo facenti parte di altro star-system), o dalle dichiarazioni politicamente scorrette della presidente di giuria, regista e femminista, Lucrecia Martel, che si dissocia dal Polansky-uomo non partecipando agli eventi in suo onore (“Non voglio doverlo applaudire, in nome di tutte le donne vittime di stupro”), passando per un film come ‘Marriage Story’ che è in realtà la cronaca di un divorzio, o elevando la questione femminile in certa parte del mondo arabo non più solo alla pur sacrosanta ricerca di diritti basilari per le donne ma ad ambizioni più lontane, con la candidatura di una donna a sindaco in ‘The perfect candidate’ della regista dell'Arabia Saudita Haifa Al-Mansour, fino alla selezione in concorso di un film anticonvenzionale e dissacrante come Babyteeth, della regista australiana Shannon Murphy, che ha comunque ricevuto un premio di ‘consolazione’ rispetto alle sue possibilità, ma ha pur sempre qualificato lo stile della Mostra.
Dunque da Cannes a Venezia, i Festival più importanti del mondo sembrano iniziare a prendere sul serio le donne, o quantomeno provano ad avere un occhio sempre più attento e ad avvicinare questioni importanti ed artiste non scontate al mondo dei red carpet, che talvolta - anzi spesso - risulta stucchevole e prevedibile.
In questo movimento evolutivo del cinema verso la parità, delude, pertanto, che nella rosa dei cinque titoli di film italiani in corsa per l’Oscar nemmeno uno sia di una donna regista, e che non si sia presa in considerazione, nemmeno in un rapporto di 1 su 5, l’asse della parità.
A concorrere per l’Italia all’“International Feature Film Award” nell’ambito della 92esima edizione degli Oscar, saranno pertanto le seguenti opere, tutte validissime senza dubbio, ma che assicureranno comunque una possibile vittoria al maschile al film (e al regista) che sarà votato, dalla commissione istituita presso l’Anica, come quello prescelto da segnalare all’Academy entro il 1° ottobre: ‘Martin Eden’ di Pietro Marcello; ‘La paranza dei bambini’ di Claudio Giovannesi; ‘Il Primo Re’ di Matteo Rovere’; Il traditore’di Marco Bellocchio; ‘Il vizio della speranza’ di Edoardo De Angelis.
Nella manifestazione degli Oscar Awards, comunque, le cineaste donne nominate a concorrere per la statuetta della regia si contano sulle dita di una mano, fra queste: Lina Wertmuller, Jane Campion, Sofia Coppola e, unica donna ad aver mai ottenuto l’ambito riconoscimento, Kathryn Bigelow nel 2010.
Indubbiamente quella degli Oscar, che si svolge a Los Angeles, è forse una delle cerimonie più mondane e ‘commerciali’ del mondo cinematografico, ma vincere una statuetta significa comunque visibilità, denaro (da investire in altri film), potere contrattuale.
Resta l’auspicio, viene da dire la necessità, di poter vedere nei prossimi anni la presenza, nella rosa delle nomination agli Oscar per la regia, di tante più donne registe, italiane e non solo, fra le tante brave professioniste del settore che lavorano a livello nazionale e internazionale.
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