Molti mi hanno chiesto il motivo del mio silenzio e, ancor più chi conosce il mio passato, di esprimere un'opinione sul recente accaduto in Francia.
Su Charlie Hebdo e il negozio Kasher.
Avrei voluto tacere e avvoltolarmi nel mio dolore che è quello stesso di ogni francese. Dolore misto a rabbia, ma senza orgoglio particolare di impronta fallaciana.
La Francia è una grande nazione benché - in questo preciso momento - abbia poco di cui andare orgogliosa. E' ferita, oltre che nei suoi figli, anche nella sua grandeur.
Non mi addentrerò dunque in ampie discettazioni di politica internazionale: se bene o male la Francia (e gli altri stati occidentali) abbiano fatto a ficcare il naso - e l'esercito - in Africa e in Medio Oriente. Se l'interesse di questi sia dettato dall'amore per la democrazia e dal desiderio di diffonderla oppure dall'interesse per i giacimenti di petrolio e per i vari metalli preziosi.
Chi conosce il mio passato sa anche che ho sempre tenuto la mia penna lontana da ciò che conosco di seconda mano e che non ho la possibilità di approfondire.
Dirò soltanto che ciò che è accaduto era, in qualche sorta, già prevedibile.
In queste ultime settimane, rispondendo a una fatwa lanciata da qualche iman pazzo contro l'Occidente, auto si sono schiantate sulla folla al grido di Allah u Akbar. A Nantes, a Dijon e altrove hanno causato decine di feriti e un morto.Anche giovedì sera a Nogent-le-Rotrou, mentre si commemoravano i morti di Charlie Hebdo. Un agente ha poi sguainato la pistola, il conduttore è scappato perché la sua emulazione non arrivava fino ad immolarsi per la causa.
Momenti di follia in cui l'umano cede il posto all'animale feroce che è dormiente in tutti noi.
Momenti di ubriacatura totale in cui qualcuno può pensare che ci sia un dio che vuole essere onorato con la morte.
Questi momenti li abbiamo avuti pure noi Cristiani, naturalmente, e così numerosi che qualcuno dobbiamo pure ricordarcelo.
Da Isabella di Castiglia che finanziava il suo regno con la cacciata degli Ebrei a Filippo il Bello che sterminava i Templari nel nome della purezza della fede per appropriarsi dei loro beni. Per non parlare dei libri proibiti (ci avrebbero certamente messo anche Charlie) e delle Crociate, le guerre dette di religione non hanno mai avuto nulla di pio.
Così mi pare normale che le guerre di religione musulmana (praticate per altro da uno sparuto numero di combattenti) siano altrettanto cruente e a noi paiano del tutto anacronistiche. E dolorose, visto che toccano direttamente il cuore pulsante della nostra democrazia: la libertà di parola.
Ciò premesso, mi pare pleonastico affermare che non si può né si deve giustificare ogni singola stilla di sangue versato, in nome di un credo religioso o per qualsiasi altro motivo
Non si giustifica dunque nessun morto, né i morti francesi, né i dimenticati morti nigeriani.
Né quelli di Charlie Hebdo, così vicini al mio cuore, che nemmeno mi riesce di scriverne i nomi.
Smettiamola di parlarne e soggettivamente facciamo qualcosa per fermare questa mostruosa scia di sangue, se siamo davvero cristiani e democratici.
Cerchiamo il musulmano più vicino, guardiamolo in faccia senza odio e tendiamogli la mano, perché l'altra vittima è lui.
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