Gli ultimi dati pubblicati da Amnesty International circa la tortura sulle giovani ragazze yazide lasciano spazio ad alcune riflessioni sull'urgenza di rendere esecutivi, anche per le donne, gli articoli dei Diritti Umani.
In questi ultimi giorni in cui l'Europa istituzionale è impegnata nella pace, nella tolleranza, in questi giorni in cui tutta Berlino sta sfilando giustamente contro l'islamofobia, in cui l'intera Francia acquista senza posa 5 milioni di copie dell'ultimo Charlie Hebdo, ci sono ancora le vecchie battaglie da combattere e vincere. Una di queste riguarda, purtroppo, la tortura sulle donne, proprio da parte dei gruppi islamici armati.
Continuano le denunce di Amnesty International, infatti, relative alla ferocia dei gruppi islamici responsabili di torture, stupri e violenze contro le ragazze della minoranza yazida irachena. Continua ad essere forte e urgente, pertanto, il segnale umanitario dato dall'Organizzazione Non Governativa con la pubblicazione del rapporto di dicembre: "In fuga dall'inferno: tortura e schiavitù sessuale nelle mani dello Stato islamico in Iraq".
Migliaia di donne e ragazze (spesso di 14-15 anni) yazide sono, nei casi migliori, costrette a matrimoni forzati, alla conversione all'Islam. Centinaia e centinaia di queste donne vengono poi vendute, o regalate a combattenti e sostenitori dello Stato islamico. Nei casi peggiori, queste stesse vengono quotidianamente sottoposte alla violenza sessuale e alla schiavitù sessuale.
Nel Sijnar - regione nordoccidentale dell'Iraq - donne e ragazze (poco più che bambine) come Jilan, 19 anni, sono costrette al suicidio per preservare, almeno, il loro e l'altrui sentimento della umana dignità. L'alternativa al suicidio non è migliore, perché per queste ragazze sopravvivere vuol dire fare i conti con traumi inenarrabili e soprattutto, sopportare le tragiche assenze per morte violenta di decine di familiari.
Siamo nel 2015, è vero. E sembra incredibile che la tortura sulle donne sia ancora tanto radicata. Del resto, le donne vengono torturate non solo in oriente e medioriente. Sembra dominare, infatti, una cultura universalmente diffusa che nega, alle donne, uguali diritti rispetto agli uomini, espropriando loro qualsiasi forma di gestione libera, indipendente e personale del proprio corpo.
Ancora oggi si fatica a riconoscere in questi abusi delle violazioni gravissime dei diritti umani. A questo proposito viene da citare la giurista e femminista militante del Minnesota CatharineMacKinnon, col suo testo redatto in occasione del cinquantenario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, pubblicato nel 1999: "Are Woman Human?".
«Se noi donne fossimo umane, verremmo spedite come merci nei containers dalla Tailandia ai bordelli di New York? Ci mutilerebbero i genitali per purificarci (da cosa?) e per definire la nostra cultura? Saremmo usate come riproduttrici, costrette a lavorare tutta la vita senza retribuzione, bruciate se la nostra dote è insufficiente o se gli uomini si stancano di noi? Saremmo private del cibo se diventiamo vedove o se sopravviviamo alla pira funebre dei nostri mariti? Saremmo costrette a venderci sessualmente perché non abbiamo altro valore per gli uomini? Saremmo vendute come prostitute nei templi per espiare i peccati della famiglia o per migliorare le sue condizioni di vita? [...] Saremmo comprate e vendute a livello mondiale per uso sessuale o per intrattenimento in qualsiasi forma resa possibile dalla moderna tecnologia? Saremmo private dell’istruzione? Se le donne fossero umane avremmo così poca o nessuna voce nelle decisioni pubbliche e nei governi? Saremmo nascoste dietro i veli, imprigionate nelle case, lapidate o uccise se opponiamo resistenza? Saremmo picchiate quasi a morte, e a morte, dagli uomini a noi vicini? Saremmo sessualmente molestate in famiglia? Saremmo stuprate nel corso dei genocidi per terrorizzare e distruggere le nostre comunità, e stuprate ancora in quella guerra non dichiarata che continua ogni giorno in ogni paese del mondo in quello che è chiamato tempo di pace? Se le donne fossero umane, la nostra violazione procurerebbe piacere a coloro che ci violano? E se fossimo umane, sarebbe possibile che praticamente niente venga fatto praticamente niente di fronte a questi accadimenti? Ci vuole una grande immaginazione – e un’attenzione con i paraocchi per le eccezioni, per le situazioni marginali di privilegio – per riconoscere una donna reale nelle garanzie della Dichiarazione universale, in ciò di cui “ognuno ha diritto”».
Come si vede, la domanda "se noi donne siamo umane" potrebbe sembrare retorica, ma a conti fatti, a ben guardare: chi può dire che la dignità umana della donna sia certamente e diffusamente riconosciuta?
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