“Una donna che chiedesse la parità nella Chiesa potrebbe essere paragonata a un nero che chiedesse la parità nel Ku Klux Klan“
(Mary Daly, La Chiesa e il secondo sesso, prefazione alla 2ª edizione, 1975)
Mary Daly (1928- 2010), di famiglia irlandese, filosofa, teologa, femminista radicale.
La teologa Mary Daly è morta il 4 gennaio 2010. Cattolica di provenienza, aveva condotto una battaglia di pensiero che, dal Concilio Vaticano II, l’aveva portata a uscire dal cristianesimo. Nelle sue ricerche e nelle sue analisi sempre molto provocanti e appassionate, aveva scoperto il lato oscuro del cristianesimo nei confronti delle donne: le violenze della caccia alle streghe e la subordinazione nelle gerarchie ecclesiastiche, il ruolo di vittima sacrificale attribuito alle donne senza che queste possano aggiungere a questo il titolo di vittime innocenti, che spetterebbe solo al Cristo. Colpevoli sempre, le donne, anche quando sono vittime, nel pensiero teologico e nella pratica pastorale delle chiese cristiane.
Scomoda, ma essenziale
Mary Daly è stata una grande maestra, scomoda ma essenziale nel cammino delle donne dentro e fuori le chiese. Vorrei segnalare alcuni elementi chiave del suo pensare che sono stati di grande importanza anche per la riflessione di noi, donne evangeliche italiane: - Il suo scritto teologico fondamentale si intitola “Al di là di Dio padre”. Mary Daly ebbe a dire in seguito che il titolo sarebbe potuto essere semplicemente “Al di là di Dio”. Infatti lei mostra come la costruzione stessa di un divino trascendente crei una piramide in cui alcuni dominano e altri sono sottoposti. E’ soprattutto l’identificazione di Dio con il maschio a creare una piramide sessuata. La sua famosa affermazione: “se dio è maschio, il maschio è dio” si inserisce in una riflessione sulla legittimazione del potere maschile nel nostro orizzonte culturale. - Mary Daly propone di togliere a Dio tutte le proiezioni antropomorfe. Essenziale è stato il suo lavoro sul linguaggio, che è poi sfociato nella creazione di un linguaggio ricreato a partire dall’esperienza femminile. Nei primi passi di questa ricerca Mary Daly propone di riferirsi al divino attraverso i verbi: questi esprimono tutta la forza dinamica e mobilitante mentre un’immagine fissa e oggettivante di Dio ingabbia il suo agire. Non so se in dialogo con lei, ma certo nella stessa direzione e nello stesso ambiente culturale, un’altra teologa americana come Carter Heyward parlava della forza erotica dello Spirito, che mette in relazioni e attiva quelle dinamiche di desiderio che permettono di percepire l’altro-l’altra, di entrare in relazioni di empatia, e di agire per trasformare il mondo affinché ci sia più amore e più giustizia. - Questa idea di pensare Dio come la forza della relazione è molto presente proprio in Mary Daly, è quasi la base della sua critica alla cristologia che mette al centro un salvatore eroico, uno che, da solo, ha il compito di salvare tutti. Non è forse questa visione distorta, da supereroe dei fumetti, che fa da modello alla nostra comprensione della società, dell’economia e della politica? Invece di saper vedere le reti sociali e le collaborazioni che permettono di migliorare il mondo, spesso noi siamo indotti a fissare la nostra attenzione su una figura singola, che funge da salvatore (da Obama a Bertolaso, da Martin Luther King a Nelson Mandela). La cristologia basata sulla prestazione eroica di uno solo ci spinge a non voler vedere che tutto si fa solo se c’è uno sforzo congiunto, se si creano situazioni collegiali, senza caricare di aspettative insopportabili un solo individuo. Lo scorso anno i convegni e gli approfondimenti sulla figura di Martin Luther King hanno messo in luce tutta la rete del movimento che era intorno a lui, che lo ha sostenuto e che esisteva prima di lui, come dopo. L’azione di un singolo, il suo coraggio, la sua capacità visionaria e trasformativa, va inserita nel mondo a cui fa riferimento e da cui trae forza. Per questo Mary Daly smonta la cristologia come una menzogna che allontana il Cristo dal resto dell’umanità e ferisce su due fronti: crea una solitudine infinita intorno all’uomo Gesù, impedisce al resto dell’umanità di potersi pensare capaci di redenzione, capaci di trasformare il mondo. A partire da questa critica profonda dell’immaginario cristiano, che Mary Daly fece negli anni ’70, si sono sviluppate in ambito femminista molte riflessioni sul tema della rete di relazioni, della comunità, della sorellanza, della chiesa di uguali e del movimento di discepole-i intorno al Gesù storico. Mary Daly stessa parla della Nuova Venuta delle donne, identificando l’attesa escatologica della nuova venuta del Cristo nella pienezza in un rovesciamento di valori: non più uno solo ma una presenza collettiva, non più un divino connotato al maschile ma la sorellanza come forza trascendente. - Mary Daly mostra come la cifra “Padre” attribuita a Dio abbia legittimato il potere violento di una trinità orribile: stupro, genocidio, violenza. Sappiamo che anche il segretario generale delle Nazioni Unite, Banki Moon, afferma che è in atto nel mondo una guerra contro le donne, un femminicidio che sembra in diretta continuità con le atrocità commesse contro le donne nel Medioevo e in cui sono incappate anche le “magistre” valdesi del tempo. In tutto questo tempo il cristianesimo ha fornito ottimi strumenti di legittimazione patriarcale a questo odio e questa violenza contro le donne. - Ecco perché Mary Daly propone e attua l’uscita dal cristianesimo, liberando così le energie represse e nascoste delle donne. Una delle ultime pubblicazioni è un suo libro visionario centrato intorno alla convenzione cosmica degli elementi e alla dimensione del tempo che fa andare in avanti, verso un futuro liberato, e indietro, verso un tempo umano pre-patriarcale. Si tratta di “Quintessenza. Realizzare il futuro arcaico”, che ha avuto un’ampia risonanza in Italia, anche perché Mary Daly è venuta più volte a proporne la lettura.
Cogliere la sfida
Mary Daly ha segnato la teologia di questi ultimi quarant’anni. Anche per chi non è abituato a entrare in contatto seriamente con il pensiero delle donne, la sua presenza non può essere ignorata. Il fatto che sia uscita dal cristianesimo pone anzi le domande essenziali alle chiese: sono in grado di rivedere la propria storia a partire dalle domande scomode poste dalle donne? Sono in grado, le chiese, di offrire quelle radici e quelle prospettive di libertà che donne e uomini vanno cercando? Fanno almeno qualche tentativo per inventare un nuovo linguaggio che esprima Dio fuori da categorie patriarcali? Leggere la produzione di Mary Daly significa entrare in contatto con una energia immaginativa che disegna nuovi mondi, mondi di armonia e pace, di superamento della violenza e di inizio di un tempo nuovo.
*articolo pubblicato sul notiziario FDEI numero 44 - febbraio 2010 / Fascicolo interno a RIFORMA n. 8 del 26 febbraio 2010.
per gentile concessione dell'autrice LETIZIA TOMASSONE e della FDEI Federazione Donne Evangeliche in Italia
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