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Scuole d'infanzia a Bologna

Scuole d'infanzia a Bologna

Emilia Romagna - Scuole d’Infanzia a Bologna. Esperienza che vale a fronte di uno Stato latitante.

Marani Paola Domenica, 05/05/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Maggio 2013

Secondo l’ordinamento vigente il sistema nazionale di istruzione è composto da scuole statali e da scuole paritarie le ultime delle quali, nel caso delle scuole d’infanzia, sono costituite pro quota da scuole a gestione dei Comuni e da scuole a gestione privata.

L’integrazione dell’offerta garantita dalla scuola pubblica, a cui concorrono oltre allo Stato gli Enti locali ed i privati, costituisce un valore forte del sistema scolastico della Regione Emilia-Romagna fin dal 1995, anno in cui con la legge 52, si è avviato il sistema integrato delle scuole per l’infanzia. Grazie a questo modello è stato possibile sostenere ininterrottamente fino ad oggi, la qualificazione e la diffusione delle scuole d’infanzia sul territorio nella nostra regione. I risultati di questa sinergia hanno fatto sì che mentre a livello nazionale la scuola d’infanzia statale copre circa il 60% dell’offerta complessiva di posti, in Emilia-Romagna la presenza dello Stato si riduce al 47% ed il restante 43% è coperto da scuole paritarie comunali (per circa il 20%) e da scuole paritarie private per circa il 33% del totale. Il Comune di Bologna ha poi una particolarità: la scuola d’infanzia statale copre appena il 17% del totale, mentre le scuole comunali rappresentano il 61%, superando di molto la media regionale. Questi dati evidenziano l’impegno straordinario del Comune di Bologna profuso per la costruzione di un sistema di servizi educativi destinato ai bimbi da 0 a 6 anni con un’offerta sia per gli asili nido che per le scuole d’infanzia fra le più alte d’Italia. Altra particolarità sta nel modello integrato che stabilisce attraverso le convenzioni sia standards che modalità di accesso, tali da offrire garanzie di omogeneità nella qualità dell’offerta da parte di ciascun soggetto del sistema.

Questa lunga premessa è necessaria per riflettere sul referendum indetto a Bologna per chiedere di dirottare sulla scuola pubblica le risorse oggi destinate dal Comune per sostenere le scuole d’infanzia paritarie. Stiamo parlando di un milione di euro di contributi che il Comune eroga, a fronte dei 35 milioni di euro che investe annualmente nelle sezioni comunali. Ci si chiede perché, proprio in una realtà territoriale dove lo Stato è più latitante che altrove e dove il Comune si fa carico del 61% dell’offerta, dovremmo affossare l’aiuto che consente di tenere in piedi quel 20% di scuole paritarie private che, insieme alle paritarie comunali, suppliscono alla mancanza dello Stato. Inoltre è sotto gli occhi di tutti come la riduzione delle risorse statali prevista a partire dalla legge Gelmini abbia prodotto un durissimo attacco al diritto allo studio ed al sistema educativo, oltre che un aggravio delle spese e dei disagi per le famiglie. La realtà e gli effetti del referendum sono purtroppo ben diversi da quelli che i promotori vorrebbero ottenere per rilanciare la scuola pubblica. L’eliminazione dei finanziamenti alle scuole paritarie private non aumenterebbe l’offerta pubblica, bensì diminuirebbe l’offerta complessiva e la sua qualità soprattutto nella scuola dell’infanzia, non “tutelata” dall’obbligo scolastico. Un quesito mal posto su una questione di principio giusta come la difesa della scuola pubblica, rischia di diventare lo strumento che riduce ulteriormente, per tante famiglie, la possibilità di trovare posto ai loro figli nella scuola dell’infanzia ed aumenta la discriminazione fra coloro che hanno la possibilità di essere inclusi ed il numero sempre maggiore di esclusi.



di Paola Marani, consigliera regionale PD



(Redazionale)

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