Un affresco familiare alla ricerca della radice della sofferenza umana
Mike is back, direbbe uno dei suoi personaggi prima di ricadere in un tipico stato depressivo.
Eppure è così, superati gli ottant’anni il cantore della classe media inglese scossa da mille contraddizioni è tornato dietro la macchina da presa con Scomode verità (Hard Truths), presentato in numerosi festival internazionali, tra cui il Toronto Film Festival e il San Sebastian Film Festival, dove ha ricevuto consensi di critica e pubblico.
Merito in grandissima parte dei numerosi riconoscimenti tributati alle intense interpretazioni delle attrici protagoniste, Marianne Jean-Baptiste nel ruolo di Pansy e Michele Austin in quello di sua sorella Estelle.
Pansy è una donna di mezza età – per quello che significa ancora nella nostra epoca – che si è arresa alle durezze della vita e, quando le cose non girano per il verso giusto (cioè sempre), attacca a brontolare, a inveire verso il prossimo, a maltrattare il marito Curtley (David Webber), armato di una pazienza che confina con la rassegnazione e il figlio Moses (Tuwaine Barrett), che definire introverso è poco: un giovane tendente all’obesità e con le cuffie strettamente incollate alle orecchie.
Nella prima parte del film, le intemperanze di Pansy suscitano ilarità, sembrando funzionali alla caratterizzazione di una lamentosa, insoddisfatta signora incapace di godersi la serena esistenza che il fato e le condizioni sociali le permetterebbero di condurre.
Man mano che si procede nella narrazione, però, le esternazioni svolte nei confronti di chicchessia assumono tratti più inquietanti e parossistici – provocazioni e aggressioni verbali verso estranei in cerca di parcheggio, clienti di un supermercato, addette alle vendite di qualsiasi esercizio commerciale…
Pansy alterna le sue incursioni nella società che la circonda e che lei detesta a lunghi momenti della giornata in cui si chiude in casa, nella sua camera da letto, cercando rifugio nel sonno.
Estelle e la sua famiglia, invece, sono agli antipodi: le nipoti effervescenti e piene di vita, la sorella che gestisce un parrucchiere animato dal gossip delle clienti ma anche dalla sua profonda umanità e capacità di ascolto: pur soffrendo per la mancanza di un compagno adeguato alla sua sensibilità, Estelle è ben più equilibrata di Pansy e sarà in grado di offrirle una spalla su cui piangere, un cuore grande capace di lenire l’enorme dolore della sorella.
Il cineasta di Hatfield mette in scena un affresco familiare come già ha fatto nelle sue precedenti opere, ma stavolta sembra voler andare alla radice della sofferenza umana, lasciando tuttavia aperto uno spiraglio all’empatia e alla solidarietà tra simili.
Lascia un Commento