"Scintille" al Teatro Due di Roma: l'incendio che sta dietro all'8 marzo
Ultimo giorno del Cargo di Genova al Teatro Due di Roma con "Scintille": uno spettacolo di denuncia per rievocare il tragico incendio che diede ragion d'essere all'8 marzo.
“A Roma! A Roma!”, la rassegna diretta da Francesca De Sanctis presso il teatro d'essai di Vicolo dei due Macelli, ci regala un'altra perla di arte drammatica accogliendo, al Teatro Due, il Teatro Cargo di Genova.
Scritto e diretto da Laura Sicignano, "Scintille" (vincitore del Premio del Pubblico del 13° Festival Teatrale di Resistenza "Museo Cervi”) è ambientato nella New York del 1911: quella metropoli attrattiva, caotica, esuberante che le famiglie di migranti raggiungevano quasi scalze - già intravedendo la fortuna, la ricchezza, il nuovo tenore di vita che le avrebbe riscattate dalla miseria più profonda - ma che non sempre ha mantenuto le sue gigantesche promesse.
Il monologo, recitato da una sorprendente Laura Curino, prende il suo avvio sul ritmo circolare del pedale della macchina da cucire: 600 vecchie Singer trapungono le camicette bianche della Triangle Waistshirt Company. Donne e ragazze (giovanissime) lavorano a cottimo, nello stordimento della monotonia. Sono slave, italiane, immigrate in ogni caso. Passano giorni interi sotto una luce fioca: il loro universo è fatto di ago, filo e morsetto. L'America, per loro, è un rocchetto che srotola veloce e senza posa. Non sanno che poche parole d'inglese, quelle che servono: "factory", "work", "thank you".
Lucia e Rosa Maltese sono due sorelle di nemmeno 14 e 20 anni. Due caratteri diversi. Lucia è anticonformista, combattiva, ribelle, entusiasta della vita, desiderosa di arginare l'infamia del mondo. Rosa, invece, è dimessa, affranta, segnata dal pessimismo più diligente e incline al sotterfugio. I loro occhi vedono due Americhe diverse, ma soffocheranno le loro ambizioni nella stessa asfissiante fuliggine.
E' il 25 marzo del 1911. Le 16 e 40. L'ora del catastrofico incendio che fa defenestrare dalla fabbrica, e gettare dai cornicioni una cascata di corpi di donne e ragazze - intrappolate come topi in un edificio senza scale d'emergenza, senza corridoi per l'evacuazione. Camicie stirate e inamidate, avanzi di tessuto, listelli da stiro: cose che prendono fuoco facilmente, bastano appena poche scintille. Nel labirinto dello sfruttamento, nel dedalo dei soprusi, non c'è una scappatoia: porte serrate, finestre troppo alte, stanzoni che sono già loculi enormi, un solo montacarichi a rappresentare un barlume di salvezza.
Il monologo corale di Laura Curino rappresenta la ricostruzione storica - nella cornice à gouache di riusciti espedienti romanzati - del tragico antefatto che ispirò "La Giornata Internazionale della Donna", l'8 marzo. In italiano, il testo francese di Juliette Gheerbrant (che si è visto assegnato dalla commissione parigina "L'Aide à la création du Centre National du Théâtre"), conserva il suo pregio, esaltato dalla capacità della Curino di impersonare tre ruoli diversi, e di spessore, senza retroscena.
«L'8 marzo è sempre occasione di discussioni», ha detto l'attrice torinese a fine spettacolo, «molte donne si chiedono come mai bisogna festeggiare un solo giorno all'anno. Io posso dire che sono una donna festaiola, più feste ci sono in un anno meglio è. Però mi piacerebbe che, al di là della festa, l'8 marzo fosse anche un momento per commemorare quelle ragazze che morirono nell'incendio della camiceria, come le protagoniste dello spettacolo: Lucia e Rosa Maltese».
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