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Scelgo non scelgo

Scelgo non scelgo

Legge elettorale / 1 - 'Gli uomini identificano il bene con quel che serve gli interessi del proprio gruppo e il male con quel che agisce contro questi interessi, anche se fosse nell’interesse dell’umanità nel suo insieme' Bertrand Russell

Emanuela Irace Lunedi, 11/10/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Ottobre 2010

Il dibattito sulla ennesima riforma elettorale imperversa. È possibile capire di cosa (davvero) si parla?

L’agitazione politica con cui in Italia si sta affrontando il tema della riforma elettorale, mostra ancora una volta la mancanza di trasparenza, e l’incapacità di comunicazione, tra classe politica ed elettorato. La polarizzazione ideologica con cui entrambi i raggruppamenti politici schierano artiglieria pesante e leggera, strumentalizzando il concetto stesso di democrazia - per mettere al centro delle priorità una riforma, che, comunque vada, non rappresenterebbe la panacea ai mali della politica - è l’ennesimo tentativo di contrabbandare all’elettorato contenitori vuoti inseguendo il principio salvifico della legge. Una legge che dovrebbe seguire, e non precedere, morale pubblica e costumi politici. E che invece ripropone la mancanza di assunzione di responsabilità, da parte di una classe dirigente abituata a spostare fuori da sé l’origine dei problemi. Se la legge elettorale funziona da termometro per la salute politica e democratica, di un determinato paese, è altresì vero che il principio di rappresentanza si è profondamente modificato negli ultimi vent’anni. Non per malattia dei partiti italiani, o scadimento delle istituzioni, ma per scelta strumentale e affaristica da parte di uomini e donne che quei partiti dirigono. La faccia tosta con cui si vuol far credere, da destra come da sinistra, che attraverso una legge elettorale si possa ottenere un buon livello di stabilità e alternanza politica è ridicolo quanto ingenuo. La cosiddetta ingegneria elettorale, per la quale anche gli addetti ai lavori nutrono un approccio fideistico, più che una vera e propria conoscenza, non è una scienza esatta, dai risultati incontrovertibili, ma un’insieme di teorie e osservazioni sul campo che identificano tendenze e ipotesi circa la relazione che una determinata legge elettorale possa influenzare principio di rappresentanza, numero di partiti e stabilità politica. Studiosi come Sartori, Huntington, Duverger, Apter solo per citarne alcuni che a vario titolo hanno orientato il dibattito sui sistemi elettorali, non sono né fisici né matematici, ma scienziati della politica. Non scoprono leggi inconfutabili ma esprimono tesi. Analizzano cioè l’interazione tra sistemi elettorali e sistemi partitici all’interno dei vari paesi. Modelli non esportabili, per il numero di variabili storiche, sociologiche, psicologiche e di consenso sulle regole del gioco, che rendono quell’esperienza unica là dove si verifica, e non altrove. Da qui, che il “Mattarellum” sia stato sostituito dal cosiddetto “Porcellum” più che avere interesse per i cittadini diventa esercizio dialettico o strumento di guerra per polarizzare lo scontro. L’ingenuità di proposte, come quella di D’Alema, che vorrebbe trapiantare in Italia il sistema elettorale alla tedesca, si scontra con la diversità sostanziale di cultura politica tra i due paesi. Anche la teoria che la rappresentanza venga svuotata di significato, per colpa di liste bloccate, è una diceria per creduloni. Veramente pensiamo di avere il potere di eleggere i nostri rappresentanti grazie alla reintroduzione delle preferenze? Prima di essere scelto dai suoi elettori il candidato viene scelto dal partito. Prima del mandato con i cittadini c’è quello con le segreterie. Dissimulata o meno, anche in caso di riforma elettorale, la selezione dall’alto continuerebbe ad orientare le nomine.



(11 ottobre 2010)

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