Roma, Domus Aurea - Nel presidio archeologico più importante del mondo lavorano quasi tutte donne, direttrice archeologhe e architette. Intervista a Antonietta Tomei e Françoise Villedieu
Zomparelli Ivana Lunedi, 19/04/2010 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Aprile 2010
“Fatta costruire per sé una casa che dal Palatino andava fino all’Esquilino, dapprima la chiamò ‘transitoria’, poi quando un incendio la distrusse, la fece ricostruire e la chiamò ‘aurea’…Il soffitto dei saloni per i banchetti era a tasselli di avorio mobili e perforati, in modo da poter spargere fiori e profumi sui convitati. Il principale di questi saloni era rotondo e girava su se stesso tutto il giorno, continuamente, come la terra”.
A scriverlo è Svetonio in ‘Vite dei Cesari’. Si riferisce ovviamente a Nerone e alla Domus Aurea.
Dunque, perfino una sala da pranzo rotonda che ruotava su se stessa. Possibile?!
A sottrarla dalla sfera dell’iperbolico e del fantastico, uno scavo ancora in corso sul Palatino. “Abbiamo deciso di fare questo scavo per motivi di tutela della conservazione, cioè di salvaguardia e consolidamento di questa terrazza sul Palatino che presentava problemi statici e idrogeologici, perché questo è un angolo tutto imbibito di acqua. Non pensavamo assolutamente di trovare quello che abbiamo trovato, ossia proprio i resti della cenatio rotante di Nerone, di cui parlano le fonti antiche”, spiega l’archeologa Antonietta Tomei, direttrice di un settore importante della Soprintendenza Speciale dei Beni archeologici di Roma, come quello del Foro Romano e Palatino, indicando la pendice sul Palatino che affaccia sull’odierna valle del Colosseo.
“Anche in zone come il Palatino vi possono essere delle aree misteriose e ancora sconosciute. Lei – continua la direttrice indicando l’archeologa francese Françoise Villedieu - che è una grandissima esperta di scavi sul Palatino, particolarmente nella zona del ritrovamento, dopo aver scavato qui per quindici anni, credeva di avere un quadro abbastanza completo di questa terrazza”.
Lei, peraltro una studiosa di profilo internazionale, che si divide tra Roma e Marsiglia, descrive con competenza e passione le fasi del ritrovamento a cui sta lavorando fin dall’inizio.
“Abbiamo cominciato a scavare a fine giugno 2009, e abbiamo fatto tantissimo. Vanno lodati particolarmente gli operai che hanno lavorato con noi, non senza difficoltà tecniche, e che hanno condiviso il nostro entusiasmo per questa scoperta incredibile, la cui datazione è neroniana, posteriore all’incendio del 64, anteriore ai Flavi”.
Quello che è stato trovato è una costruzione circolare che misura sedici metri di diametro e circa dodici metri di altezza. Al centro vi è un pilone, anch’esso di pianta circolare, di quattro metri di diametro. Il pilone e il muro periferico, anch’esso piuttosto robusto visto che ha uno spessore di più di due metri, sono collegati tramite due serie di otto archi poste una alla sommità, l’altra a metà altezza. L’insieme, ossia il pilone, gli archi e il muro perimetrale, crea un disegno che ricorda quello di una ruota. Come siete arrivate a collegare questa struttura alla cenatio? “La struttura colpisce per la sua robustezza. Osservazioni fatte all’interno, soprattutto l’assenza di tracce di decorazione sui muri, lasciavano pensare che questa fosse una struttura unicamente di servizio, e che lo spazio nobile, fruibile, dovesse essere sopra, dove invece non vi sono tracce di costruzione. Inoltre abbiamo trovato sia tracce di cavità sferiche, che fanno pensare ad un sistema ruotante, che di un qualcosa che potrebbe essere un perno centrale. Tutte queste caratteristiche suggeriscono che si possa trattare della base di quella sala da pranzo ruotante del palazzo di Nerone, descritta da Svetonio”, risponde la dottoressa Françoise Villedieu . Come immaginate che fosse, realmente, l’ambiente sovrastante? “A questo punto, noi immaginiamo che sopra questa specie di torre fosse sistemato un pavimento di legno, poi rivestito di marmo, oppure di mosaico, fissato sul perno centrale, azionato probabilmente da un sistema che utilizzava l’acqua, che girava al di sopra del pilone”, conclude.
Insomma una struttura circolare, leggera, impreziosita da decorazioni, che poggiava su un pilone che doveva essere robusto, per sostenerla nel suo moto continuo. Una specie di cupola ariosa, simile forse a una pagoda, o a un gazebo lussuosissimo, che affacciava su un panorama tra i più suggestivi di Roma, quando il Colosseo non c’era ancora e al suo posto c’era un laghetto.
“I prossimi scavi daranno altre informazioni, più precise, anche se quelli già fatti hanno detto molto. Abbiamo avuto 200mila euro per proseguire le indagini e mettere in sicurezza quell’angolo. Non so se questi fondi saranno sufficienti per portare a termine i lavori. Ma il Commissario della Sovrintendenza, Roberto Cecchi, segue attentamente questo cantiere, e lo sostiene anche con assistenza tecnica. Del resto questo è un ritrovamento che ha avuto rilevanza in tutto il mondo, da cui ci chiedono continuamente di avere documentazione e notizie aggiornate”, dice la direttrice Tomei.
Gli addetti ai lavori all’interno della Soprintendenza, archeologi e architetti, quasi tutte donne, come anche il direttore dei lavori, Antonella Tomasello, sono pochissimi. Nonostante questo, oggi i cantieri aperti sono molti, almeno quindici. Un miracolo reso possibile dalla risorsa delle collaborazioni esterne, sia italiane che straniere, da parte di università, enti, istituti di ricerca e scuole prestigiose come la Scuola Francese.
“Adesso abbiamo aperto al pubblico la Vigna Barberini che non era mai stata visitabile, e il complesso delle Arcate Severiane, fruibile tre giorni a settimana, che era rimasto chiuso per più di mezzo secolo. Succede che a volte facciamo dei lavori importanti e poi non li possiamo aprire perché non abbiamo abbastanza custodi (sono circa una settantina, tra giornalieri e notturni, però le aree sono tante e le situazioni vanno controllate bene da vicino perchè possono presentare qualche pericolo per i visitatori). Insomma, la metà del Palatino è ancora chiusa. E questo è il posto archeologico più importante del mondo! I finanziamenti purtroppo sono sempre un po’ a singhiozzo, un anno ne arrivano di più, un anno di meno. Magari si resta a metà con un cantiere, e lo si riapre cinque anni dopo. Così va perso il lavoro fatto prima, e si deve ricominciare tutto da capo”, conclude la direttrice.
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