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Scatti fotografici per raccontare la realtà complessa dei migranti

Scatti fotografici per raccontare la realtà complessa dei migranti

La mostra “Out of frame. Ripensare le narrazioni delle migrazioni” mette a fuoco come le modalità visive nei media sul fenomeno migratorio hanno influenzato le scelte politiche e la percezione del problema da parte della società

Domenica, 28/05/2023 - E' visitabile fino al 26 giugno la mostra "Out Of Frame. Ripensare le narrazioni delle migrazioni", organizzata a Roma a Villa Altieri, Biblioteca e Museo della Cultura e Memoria della Città metropolitana di Roma (Viale Manzoni, 47), una mostra itinerante che dopo Roma sarà in Spagna e Belgio, nel quadro del Progetto europeo di ricerca sulle narrazioni delle migrazioni Bridges e Zona. A Roma è previsto l'ingresso libero dal lunedì al giovedì dalle 9.00 alle 18.00 e il venerdì dalle 9.00 alle 14.00.
Sono state soprattutto alcune foto uscite sulle prime pagine di giornali in tutto il mondo che hanno trasmesso in questi anni tutta la drammaticità e la dimensione globale del fenomeno migratorio. Foto usate dai diversi mezzi di informazione per trasmettere anche messaggi opposti: la disperazione e la condizione disumana di persone in balia di pericoli e di morte oppure la sensazione dell’assedio, dell’invasione, di pericolo per l’Europa “bianca” .
Foto di mari-tombe, o di mura e confini causa di morte e dolore per persone di tutte le età, provenienza, condizioni.
Foto di accompagnamento a contenuti giornalistici che comunque tendono a trasmettere per lo più idee e racconti di masse disperate e indistinte, quindi anche di nemici potenziali.
Non singole persone con le loro storie, le loro aspettative, delusioni, drammi che toccano singoli e famiglie.
Nell'ambito di un progetto europeo, “Ponti: valutare la produzione e l’impatto della narrazione della migrazione"  è nata l’idea di una mostra che ha coinvolto vari paesi europei e che ha visto in campo sei importanti fotografici che insieme hanno voluto costruire una diversa narrazione visiva che si incentra sul migrante come persona, non solo come vittima. Il progetto è stato curato dall’Associazione ZONA, una realtà che riunisce fotografi e non solo che intendono lavorare per portare nella fotografia, nei video e più in generale nel giornalismo e nei media nuovi linguaggi e punti di vista, in un dialogo con la società civile, con le ONG, con centri di ricerche e istituzioni.
La mostra ha avuto Il patrocinio di Roma Capitale che ha offerto la magnifica cornice di Palazzo Altieri e durerà fino alla fine di giugno per andare poi in altre città europee.
Miia Autio, Felipe Romero Beltran, Samuel Gratacap, Alisa Martinova, Alessio Mamo, Aubrey Wade, conosciuti per il loro impegno professionale e collaboratori di importanti testate giornalistiche europee hanno scelto diversi modi e sguardi per restituire un modo di comunicare cosa significa essere un/una migrante oggi e come quindi guardare e rapportarsi a lui o lei.
I sei autori vogliono anche sottolineare il ruolo essenziale che la fotografia può svolgere quale mezzo complesso di comprensione del reale e di cambiamento di un modo di vivere il problema. “Quello che caratterizza lo sguardo e la progettualità di questi fotografi - dice la curatrice della mostra Giulia Tonari - è l’urgenza di aumentare la conoscenza e la comprensione della condizione del migrante, mostrandolo come un soggetto che agisce in contesti complessi che possono anche cambiare positivamente”.
Il percorso della mostra si snoda in diverse tappe, collocandosi in sale piene di oggetti che parlano di storia, e si apre con una installazione murale che ripropone la cronologia dei principali fatti di cronaca che riguardano le migrazioni e una selezione di pubblicazioni giornalistiche che rappresentano gli eventi avvenuti dal 2015 ad oggi.
Il murale è accompagnato dalla possibilità di ascoltare attraverso videointerviste protagonisti ed esperti del mondo della comunicazione. Le immagini che si susseguono ci parlano di volti, condizioni di vita ma anche di esperienze collettive riprese dal vero come quella del campo profughi di Moria nell’isola di Lesbo che rivelò le bugie delle autorità greche sulle condizioni di accoglienza. Ma ci sono anche immagini che raccontano delle belle esperienze di integrazioni di persone migranti divenute parte integrante di famiglie e di comunità.
Per meglio approfondire intenti e contenuti della mostra, nel giorno dell’inaugurazione (25 maggio) si è tenuta una tavola rotonda che ha dato modo di fare un confronto tra chi ha costruito il percorso di ricerca europeo e l’evento e operatori che si occupano di media, giornalisti, studiosi del fenomeno migratorio, rappresentanti istituzionali.

Eleonora Camilli di Redattore Sociale ha fatto un interessante excursus su come via via sono cambiati i modi e le chiavi di rappresentazione dei migranti, dall’emergenza e disperazione per i morti, al pericolo dell’invasione, alla colpevolizzazione di chi li salva arrivando ad una pericolosa polarizzazione politica e ideologica del fenomeno, comunque sempre ispirata da uno “sguardo bianco”.
Altri hanno sottolineato il problema grave degli impedimenti formali e concreti all’accesso diretto ai migranti in tutte le fasi (dallo sbarco alla detenzione nei centri). I fotografi e le fotografe hanno affrontato il tema delle regole spesso contraddittorie che sono state definite (la Carta di Roma) per chi lavora con le immagini e le foto. Luca Faenzi di SeaWatch ha affrontato le problematiche diverse che caratterizzano la presenza e l’operato del cosiddetto giornalismo a bordo delle ONG. Tiziana Biolghini, delegata alle Pari Opportunità del Comune di Roma, ha illustrato una serie di progetti su cui si sta lavorando sul tema della rappresentanza e della partecipazione degli immigrati nei processi che toccano scelte e decisioni del territorio di Roma, soffermandosi sulla creazione di “un tavolo metropolitano della convivenza” finalizzato ad agevolare un approccio interculturale e aperto alle differenze, di trovare nuove forme di partecipazione degli stranieri residenti anche per favorire il recepimento dei loro bisogni, di facilitare anche l’incontro e l’interazione tra le diverse comunità di migranti, spesso chiuse su stesse, di favorire il dialogo interreligioso, di promuovere ricerche e forme di informazione sui cambiamenti che la presenza di migranti portano nel tessuto urbano.
 

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