Venerdi, 13/12/2019 - Nella storia dell'antica cultura dialettale della mia città, la rinascimentale FERRARA, ci son alcuni detti che è bello tramandare, non dimenticare di ricordare, perché come tutto ciò che è cultura popolare, contengono verità forse semplici, sicuramente non semplicistiche e, comunque, spesso inconfutabili, antichi saperi che fanno rete, spesso tramandati 'dal femminile' a tutti, grandi e piccini.
Sebbene si ritenesse in passato che la festa di Santa Lucia fosse il giorno più corto dell'anno, questo record spetta invece al Solstizio d'Inverno che quest'anno cadrà il 22 dicembre alle 4.19. Giorno triste, forse? Ma no, perché è dall'indomani che si ricomincia - almeno idealmente - a camminare verso le lunghe e soleggiate giornate primaverili e invernali: per questo il Solstizio d'Inverno assumeva anche il significato di rinascita, di ripresa della vita, nei tempi passati.
Così, piacevolmente, si riporta a seguire una piccola filastrocca che molte, molti, non più giovanissimi, probabilmente si ricorderanno – le nonne ed i nonni ce la proponevano - che affabula sul tempo, quello solare, ma anche, simbolicamente, quello cronologico: le giornate stanno per allungarsi, a poco a poco, a preannunciare che l’inverno ormai alle porte ci avvicina alla primavera, al trionfo della luce e della speranza, dato che siamo vicini anche al Natale, e porta – why not - un augurio di pace e di serenità per i bambini ed i giovani, soprattutto, e ‘gli uomini e le donne di buona volontà’.
Par Santa Lùzzia, un cul ’d gùzzia.
Par Nadàl, un pass ad gall.
Pa la Vcéta, mezuréta.
Par Sant’Antòni, ’n’óra bòna.
Per Santa Lucia, una ‘cruna’ d’ago.
Per Natale, un passo di gallo.
Per la Befana, una mezz’oretta.
Per Sant’Antonio, un’ora tonda.
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