Perchè Saman Abbas non è diventata il nostro Regeni con l’Italia al posto dell’Egitto?
Ha davvero ragione Brunella Giovara che su Repubblica accusa tutte/i noi di avere rimosso il caso di Saman Abbas, la ragazza pakistana abitante a Novellare, civilissima cittadina dell’Emilia Romagna, uccisa dalla famiglia per essersi rifiutata di sposare il marito che le avevano destinato i genitori: non è diventata il nostro Regeni, con l’Italia al posto dell’Egitto. Mettiamo pure davanti ai nostri occhi le tradizioni patriarcali pakistane, l’obbedienza al volere dei genitori abituale anche da noi un secolo fa, l’indipendenza ribelle di una ragazza che si era fatta aiutare dai servizi locali ed era tornata a casa per riprendersi i documenti essendo diventata maggiorenne secondo la legge italiana.
Questo delitto efferato si è verificato in Italia dove Saman poteva essere una cittadina qualsiasi, se non fosse stata straniera, immigrata. Gli italiani restano legati alla barbarie dello ius sanguinis, fondamento del nazionalismo, peggiore anche del patriarcato; e non abbiamo problemi a ospitare lo studente delle università americane, a non creargli problemi se volesse sposare una collega italiana, ma vietiamo, con la pari cittadinanza, la pari umanità degli stranieri.
Credo che, nonostante l’attenzione della stampa al processo, che si svolge in assenza dei genitori autori del crimine, latitante la madre e agli arresti in Pakistan il padre, manchi la voce delle donne, del femminismo che, pure, in queste settimane è impegnato in molte iniziative per le iraniane, le afgane, le ucraine, una solidarietà significativa perché queste donne, che mettono a rischio la vita, sentono l’eco della nostra presenza. Tuttavia non abbiamo efficacia diretta né relazioni più concrete di quanto non siano le informazioni che ci vengono dalle ong, dai telefoni da alcuni gruppi interni e dalle interviste della tv. Non so nemmeno se qualcuna delle nostre giuriste abbia sollecitato richieste di assunzione della parte civile. Ci sono stati dei fiori quando si è scoperto il luogo della salma, il Ministro degli esteri ha assicurato l’attenzione del governo, ma non ho sentito testimonianze di insegnanti, compagne di scuola, vicini di casa. Abbiamo visto alcune sue foto, con il trucco perfino un po’ pesante: dove andava? c’è un fidanzato connazionale che la aveva comperato un vestito da sposa.... che cosa aveva in mente di fare? qualcuno ha avuto sue confidenze? Le ribelli, si sa, non hanno mai vita facile in casa, ma solitamente non hanno difficoltà fuori, dove si vive senza velo.... Soprattutto: perché in Italia non si cerca di verificare l’entità dei matrimoni precoci e/o combinati, tra le famiglie islamiche o il numero delle ragazze che scompaiono dalla scuola, rimandate in patria per sposarsi.
Saman era una minore immigrata, una rappresentante di quella seconda generazione, ha potuto avere diritti parziali, l’educazione, la sanità, l’accesso a qualunque ufficio pubblico. Nessuna ragazza italiana è consapevole della propria cittadinanza e se per caso volesse andarsene in giro sola per il mondo ci sarebbero gridate con i genitori, diventerebbe la solita ragazza “difficile”. Ha diritto di essere “difficile” anche un’immigrata?
Dire donna-pace-libertà non è lo slogan di un manifesto qualunque: è un programma di alternativa politica come potrebbe essere proposto dalle donne per le quali il loro essere-se-stesse significa la pace, la libertà, ma pace che esclude la guerra, libertà che parte dall’inviolabilità del corpo e capovolge la politica dei diritti.
La cultura dei talebani e dell’attuale governo iraniano è la stessa della mamma e del babbo di Saman. Per i quali l’onore vale di più della vita di una figlia, caduta nel male, che ha portato la vergogna su tutta la famiglia. Nel 2023 non c’è giustificazione culturale che tenga. Figlie incinte scacciate di casa perché avevano disonorato la famiglia e non avevano altro rimedio che prostituirsi fanno parte della nostra tradizione, ma siamo nel 2023 anche per i talebani.
La condizione del minore straniero – anche se Sandra Zampa si è fatta carico di una legge di tutela al riguardo – è sottovalutata: in primo luogo sembra che si possa ammettere che, nel caso di sbarchi incontrollati, i maschi rischiano il lavoro nero, la mafia o il ciel-li-aiuti degli indirizzi che si sono portati da casa nel cellulare o anche la disattenzione dei controlli alla frontiera; mentre le ragazze restano sulla strada e contro la tratta sembra si attivino soprattutto le suore.
Karima è una rapper liberiana testimone – Anna Maria Gehniel Il corpo nero, Fandango – della vita di una che ha la cittadinanza di un paese che non è il suo, di cui non ha mai visto il confine, che “si è dovuta giustificare di essere nata”, di “essere un numero in una pratica”, che due volte l’anno da quando aveva due anni doveva andare in questura a rinnovare il soggiorno con i genitori, “figlia di immigrati che non vanno lontano”, come diceva una sua maestra): ha scritto alla presidente Meloni per chiederle se impedirebbe a sua figlia di realizzare i suoi più profondi desideri e per porre finrfine a questa guerra sottile.