Salviamo la Sanità. Efficienza della spesa per garantire il sistema pubblico
Gruppo PD Regione Emilia Romagna - "...la Sanità deve soprattutto spendere meglio: medicina di territorio, prevenzione, attenzione alla fragilità e alla diversità di genere..."
Marani Paola Mercoledi, 12/09/2012 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2012
Quando si parla genericamente di revisione della spesa pubblica applicando parametri di riduzione non selettivi, si rischia di adottare un sistema di cure che finisce con l’uccidere il malato. È ciò che accadrà se non verranno modificati i tagli alla Sanità contenuti ad oggi (ndr 18 luglio 2012) nel provvedimento sulla spending-review del Governo. Il Sistema Sanitario nazionale finanziato attraverso la fiscalità collettiva rappresenta in termini di risorse impegnate il 7,1% del PIL, percentuale che ci vede al di sotto della media dei paesi europei, pur essendo il nostro sistema riconosciuto per qualità fra i primi sei del mondo. È partendo da questo dato e dalla necessità di distinguere fra le Regioni che hanno mantenuto l’equilibrio di bilancio e quelle che sono sottoposte a piani di rientro, che dobbiamo valutare le conseguenze dei tagli. Nel balletto dei dati, vengono stimate decurtazioni fino al 2014 che - fra i provvedimenti del Governo Berlusconi e quelli dell’attuale revisione di spesa pubblica - comporteranno 22 miliardi in meno alla Sanità ed ulteriori 2 miliardi di ticket a carico dei cittadini. Sia una riduzione di risorse di questa dimensione, sia l’aumento da 4 a 6 miliardi del sistema di compartecipazione, minano profondamente la struttura universalistica del nostro SSN, l’impianto pubblico sul quale si fonda, la possibilità di mantenerne la qualità e la quantità delle prestazioni.
Questo non vuol dire sostenere l’immobilità del sistema e negare l’esigenza di innovarlo: da anni le Regioni più virtuose hanno posto al centro della loro pianificazione l’esigenza di rispondere a nuovi bisogni e all’evoluzione scientifica e tecnologica attraverso una costante e coerente trasformazione organizzativa. Nell’elenco (subito scomparso) dei piccoli ospedali da chiudere perché diseconomici ed inadeguati per qualità dell’offerta, non figurano strutture dell’Emilia-Romagna, perché ciò è già stato fatto da oltre dieci anni in quasi tutte le nostre province. Gli interventi sull’appropriatezza delle prestazioni e sulla valorizzazione della medicina di territorio ha prodotto esperienze che oggi vengono assunte come modelli da mettere in campo su scala nazionale (è il caso delle Case della Salute). C’è ancora molto da fare per garantire con risorse inalterate i livelli essenziali dei servizi e mantenere una qualità che non può fare a meno di misurarsi con nuove tecnologie e farmaci estremamente onerosi, oltre che offrire un’assistenza adeguata al continuo aumento delle cronicità. Prima di tutto è necessario poter contare su risorse certe, quelle già previste dal Patto per la Salute concordato dal governo con le Regioni prima della manovra estiva del 2011. La disponibilità di queste risorse è la condizione per riorganizzare un sistema sanitario e sociale che deve cimentarsi con il cambiamento demografico ed epidemiologico e con l’innovazione tecnologica. In questo senso la Sanità deve soprattutto spendere meglio: medicina di territorio, prevenzione, attenzione alla fragilità e alla diversità di genere, riordino delle reti ospedaliere, presa in carico dei malati cronici e garanzia di continuità, assistenziale e ospedale-territorio.
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