WELL_B_LAB* - La prospettiva di genere nelle politiche sanitarie è un fattore di innovazione e miglioramento nella qualità ed economicità del sistema. Donne e caregiver...
Badalassi Giovanna Domenica, 31/08/2014 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2014
Gli italiani rappresentano una delle popolazioni in migliore condizioni di salute, sia in termini di longevità che di qualità della vita. Fattori importanti per la salute quali il clima, l’alimentazione e la capacità di cura ci permettono di essere tra le nazioni più longeve al mondo: la speranza di vita alla nascita è arrivata nel 2013 a 84,6 anni per le donne e 79,8 anni per gli uomini.
Questo aspetto, che si può considerare un meritevole traguardo in termini di benessere, richiede però un impegno crescente in termini di politiche sanitarie, messe a dura prova dall’invecchiamento della popolazione e dalle inefficienze del sistema. Occorre dunque anche in questo campo un maggiore impegno nell’innovazione delle politiche e dei servizi, che vanno tarati sui diversi bisogni dei pazienti, a partire dalle differenze tra donne e uomini.
Dal punto di vista strettamente sanitario la medicina di genere in questi ultimi anni sta conoscendo un crescente interesse. Se alcune patologie legate agli organi della riproduzione sessuale, quali ad esempio i tumori alla prostata o al seno, sono palesemente sessuate, per le altre patologie si comincia ad essere sempre più consapevoli delle differenze. Dal punto di vista sociale, si sa che tenore di vita e livello di istruzione rappresentano dei fattori determinanti per la salute in generale, ma per le donne vanno considerati anche altri aspetti.
In una concezione estesa di cura, occorre infatti ricordarsi che le donne, in qualità di principali caregiver nelle famiglie, rappresentano delle ottime alleate del sistema sanitario.
Attività ancora oggi soprattutto femminili quali l’alimentazione, l’accudimento o la prevenzione dei pericoli, rappresentano dei determinanti fondamentali per il benessere e la prevenzione. Sono inoltre quasi sempre le donne nelle famiglie a svolgere una prima forma di triage nella valutazione della gravità dei sintomi, a somministrare le medicine, ad accompagnare i familiari a esami e visite specialistiche, a prestare assistenza nelle dimissioni post-ospedaliere. Ricordarsi di questo aspetto è fondamentale non solo per ottenere un giusto riconoscimento sociale.
Nei prossimi anni il ruolo di caregiver delle donne sarà sempre più critico, sia per il maggiore impegno femminile nel lavoro retribuito, sia per l’incremento del carico di cura, dovuto all’invecchiamento della popolazione: se nel 1971 in Italia ogni 100 donne in età attiva 15-64 anni c’erano 36,9 tra bambini (0-4 anni) e anziani (over 75), si prevede che entro il 2021 ce ne saranno 49,2.
Guardando invece alle donne come pazienti, occorre ricordare alcuni importanti fattori sociali che incidono sulla tutela della loro salute, quali ad esempio la fragilità economica e sociale delle donne anziane, e il grave fenomeno della violenza sulle donne.
Dal punto di vista dei comportamenti, una lettura di genere mette invece l’accento sulle criticità maschili relative ad una scarsa capacità di prendersi cura di sé. Gli uomini sono infatti maggiormente soggetti a fenomeni di dipendenza sia da alcool che da droghe, fumo o cibo, sono meno propensi a svolgere azioni di prevenzione e adottano comportamenti maggiormente a rischio della propria salute.
Combinando fattori biologici, sociali e comportamentali, il risultato complessivo, come si è visto, rimane quello di una maggiore longevità delle donne, e di una criticità maschile in termini di salute che rende gli uomini over 60 principali utenti del servizio sanitario, come mostrano i dati sulla spesa mentre le donne sono le principali utenti solo nelle fasce di età legate alla maternità.
La maggiore longevità delle donne rimane comunque un “vantaggio” in parte apparente che si sostanzia in un numero superiore di anni di cattiva salute: le over 65 hanno infatti la probabilità di vivere 5,8 anni con limitazioni gravi delle attività contro i 3,7 anni degli uomini.
Se per gli uomini il bisogno di cura si esprime quindi soprattutto in ambito sanitario, per le donne è maggiore il bisogno di cura nell’ambito di una dimensione assistenziale, sia come utenti primarie, che secondarie, in qualità di donne caregiver. Il 75% degli ospiti nei presidi residenziali socio-assistenziali e socio-sanitari sono infatti donne, mentre più del 70% delle famiglie con almeno una persona con limitazioni funzionali non usufruisce di alcun tipo di assistenza domiciliare, né privata né pubblica.
La storica debolezza delle politiche sociali in Italia può in parte essere spiegata, quindi, anche con l’elevato livello di femminilizzazione della loro utenza.
Per una migliore tutela della salute di tutti, è quindi sempre più importante valorizzare l’approccio di genere nelle politiche pubbliche, considerando le differenti esigenze di cura delle donne e degli uomini e rendendo sempre più equilibrate e integrate le aree di intervento sanitarie con quella socio-assistenziali.
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