Il popolo Saharawi, la sua aspirazione all'autodeterminazione e l'attacco del Regno del Marocco. Urge la presenza di un inviato speciale dell'ONU
Lunedi, 30/11/2020 - Sono circa 180 i comuni della Toscana sui 290 gemellati con una tendopoli con il Popolo Saharawi. Questa azione semplice ha fatto conoscere a molti cittadini l'esistenza di un Popolo che dal 1991 attende di poter esprimere il proprio diritto all'autodeterminazione. Sono quindi queste azioni che possono apparire di semplice testimonianza che contengono straordinarie storie di solidarietà e di amicizia che tante di noi, sia nei partiti, nei consigli comunali e sia nelle associazioni hanno avuto la grande emozione di condividere attraverso i patti di amicizia stipulati con i nostri Comuni.
Ora è necessario che questo legame costruito negli anni si unisca in un unico coro, per denunciare l'attacco che il Regno del Marocco ha effettuato ai civili Saharawi che stavano manifestando pacificamente per il loro diritto all'autodeterminazione. Costringendo il Fronte del Polisario a riprendere quelle armi deposte per la pace ventinove anni fa. Ma anche denunciare l'illegalità evidente a tutta la comunità internazionale del commercio e delle risorse provenienti dal Sahara Occidentale che il Tribunale Europeo ha condannato ma che continua indisturbata nell'indifferenza totale verso un Popolo che fa parte dell'ultima colonia africana non decolonizzata. La sua invisibilità è uno schiaffo violento verso il rispetto dei diritti umani e civili che dovremo tutti difendere in ogni territorio, comunità, Stato.
In questa ultime settimane il Movimento solidale italiano di amicizia con il Popolo Saharawi si sta impegnano a comunicare questa grande ingiustizia, ritiene necessario l'intervento dell'Europa e della Comunità Internazionale per impedire alle forze armate del Regno del Marocco ulteriori azioni lesive della legalità internazionale. Ulteriori perchè il Regno del Marocco è da anni che le effettua sia nel rifiutarsi di calendarizzare il referendum sull'autodeterminazione sia nell'occupazione di territori che non gli sono mai stati attribuiti, sia nel negare diritti civili e umani ai prigionieri politici saharawi in carcere da oltre dieci anni.
Per poter interrompere questo conflitto armato impari e dettato dalla disperazione di un Popolo non ascoltato, è la nomina di un inviato speciale del Segretario ONU per riprendere i colloqui tra le parti al fine di convocare il referendum, sorvegliare e difendere i diritti umani e civili che per questo Popolo, le sue donne e i suoi bambini sono violati da anni.
*Nadia Conti
Presidente CittàVisibili APS
cittavisibili.arci@gmail.com
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Breve cronistoria degli ultimi avvenimenti:
il 13 novembre 2020, scontri a fuoco tra il Regno del Marocco e il Fronte Polisario, dopo 29 anni di cessate il fuoco firmato da entrambe le parti nel Quadro del Piano di Pace ONU nel 1991 che istituì, inoltre, la MINURSO (Missione ONU per il Referendum nel Sahara Occidentale). Secondo l’accordo militare, il limite invalicabile per garantire la tregua attraversava il territorio conteso fino ad arrivare al corridoio della regione di El Guerguerat, al confine con la Mauritania. Dal 21 ottobre scorso la regione è incandescente: il Regno del Marocco ha violato l’accordo con l’apertura da parte di una breccia lungo tale limite per consentire il libero passaggio di persone, ma anche e soprattutto di camion per il trasporto di prodotti commerciali. Tale atto ha innescato l’immediata reazione della popolazione civile saharawi, accorsa per protestare pacificamente e chiudere la breccia, ostacolando il transito dei mezzi. Un corridoio sfruttato per esportare prodotti provenienti dal Sahara Occidentale occupato dal Regno del Marocco dal 1975, nonostante l’aperta deplorazione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. «L’Esercito popolare di liberazione saharawi ha iniziato a rispondere con la necessaria fermezza a questa violazione e all’ostile marcia marocchina che fin dalle sue radici costituisce una grave battuta d’arresto al cessate il fuoco». Con queste parole il Fronte Polisario e il Governo Saharawi hanno comunicato che ritengono il Regno del Marocco responsabile di tutte le pericolose conseguenze di questo attacco alla stabilità dell’intera regione.
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