Venerdi, 17/12/2021 - Cento anni fa nasceva Ruth Orkin, mitica figura di ‘fotoreporter’ e cineasta americana.
A lei ed al marito era stata dedicata sette anni fa, per la prima volta in Italia, al Centro Candiani di Mestre, curata da Enrica Viganò, una retrospettiva, che li metteva a confronto.
Compagni nella vita e nel lavoro, in 30 anni han lavorato spesso insieme e spesso no, realizzando i loro progetti artistici indipendentemente l’uno dall’altro, seppur sempre legati da una comune sensibilità.
Provenienti da due mondi completamente diversi – lei cresciuta a Hollywood e con uno spirito avventuriero che la portò a girare il mondo sin da giovanissima, lui cresciuto a Brooklyn - ma entrambi appassionati di fotografia, si incontrarono a New York in una delle associazioni di fotografi più rivoluzionarie del momento, la Photo League, designata a dar forma visibile all’ambiente proletario della città, scopo raggiunto coniugando la pratica della ‘street photography’ agli obbiettivi della documentazione sociale. Più che noti le fotografe ed i fotografi che ad essa si posson ricollegare: Berenice Abbott, Margaret Bourke - White, Paul Strand, Walter Rosenblum, Sid Grossman, tanto per citarne alcuni.
E proprio nella fotografia di documentazione sociale avevan mosso i loro primi passi la Orkin ed Engel, per poi dedicarsi principalmente, lei ai ritratti di celebrità e alle fotografie di paesaggio di New York, lui alla filmografia.
Ma insieme giocarono un ruolo fondamentale anche nella scena cinematografica americana indipendente degli anni ’50. Fra gli altri John Cassavetes, non a caso, Martin Scorsese, François Truffaut trassero ispirazione dai loro film.
Truffaut aveva addirittura affermato che senza il lavoro di Engel il movimento cinematografico della Nouvelle Vague non sarebbe esistito.
Il loro film più importante, da entrambi scritto e diretto in collaborazione con Ray Ashley, fu “Little Fugitive” (1953). Nominato all’Oscar per il Miglior Soggetto, vinse il Leone d’Argento al Festival del Cinema di Venezia. Il loro film successivo, “Lovers and Lollipops” (1955), fu scritto e diretto solo da loro due. Domani invece inizierà per durare fino al 2 maggio 2022, presso i Musei Civici di Bassano del Grappa, la prima retrospettiva italiana tutta e solo dedicata a Ruth Orkin.
E’ proposto in concomitanza con il centenario della nascita della fotografa (1921), da poco omaggiata in una retrospettiva a New York e Toronto e da una monografia di Hatije&Cantz.
Dopo Bassano (unica tappa italiana), l’antologica, realizzata assieme a DiChroma Photography, inizierà un ‘tour’ europeo, prima tappa San Sebastian, in Spagna e poi Cascais, in Portogallo.
Le immagini di Ruth Orkin son sempre intense interpretazioni, qualunque sia il soggetto del suo sguardo: personaggi illustri del mondo hollywoodiano o newyorchese – come Robert Capa, Lauren Bacall, Albert Einstein o Woody Allen – o situazioni di vita ‘straordinariamente ordinaria’.
Emblematiche le sue immagini riprese perpendicolarmente dalla finestra del suo appartamento sul Central Park o la celeberrima “American Girl in Italy”, icona della Fotografia del Novecento - al pari di ”Le Baiser de l'Hotel De Ville” di Doisneau - che ha, infatti, il primato di essere il secondo poster più venduto al mondo e che, ancor oggi, al tempo del ‘mee too’, innesta infervorate discussioni sul tema del sessismo.
Dopo aver sognato di diventare regista per la MGM, professione allora preclusa alle donne, Orkin si trasferisce a New York nel 1943 lavorando come fotografa in un locale notturno. Negli anni Quaranta scatta per i maggiori magazine del tempo come LIFE, Look, Ladies Home Journal divenendo una delle firme femminili più importanti della fotografia. Documenta inoltre il Tanglewood Music Festival – dove incontra, tra gli altri, Leonard Bernstein, Isaac Stern, Aaron Copland. Nel ’47 pubblica per il magazine Look la sequenza di scatti “Jimmy the Storyteller”.
Divisa tra amore per musica e cinema ne immortala i protagonisti in ritratti intensi ed estremamente significativi, pur rivolgendo la sua attenzione anche ad altri personaggi del ‘jet set’ internazionale.
Nel 1951 LIFE le commissiona un ‘reportage’ in Israele. Dalla successiva visita a Firenze nasce la sopracitata “American Girl in Italy”.
La bella Nina Lee Craig, studentessa statunitense di storia dell’arte conosciuta dalla Orkin al rientro da quel ‘reportage’, diviene la protagonista di una sequenza di immagini scattate per le strade di Firenze a raccontare l’esperienza di una giovane americana in viaggio nell’Italia del dopoguerra.
In questi scatti permeati dall’atmosfera dei film americani degli anni Cinquanta, “Vacanze romane”, ‘in primis’, la Orkin dimostra non solo di saper cogliere col suo obbiettivo situazioni potentemente iconiche, emblematiche, intriganti, ma di saper rendere questi fotogrammi l’unicum’ di un racconto sempre potentemente evocativo, autentiche affabulazioni per immagini che riescono a trasformare un ’semplice’ ritratto o un paesaggio urbano, sia esso di New York, di Roma o Venezia, in un’esposizione in cui luoghi e persone si rispecchiano l’uno nell’altro.
Ruth Orkin non smise mai quel suo viaggio personale nella quotidianità, dando vita a progetti originalissimi quali “A World outside my window”, pubblicato nel ’78, con il quale raccontava semplicemente la ‘vita’ che scorreva sotto le finestre di casa sua.
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