Mercoledi, 21/03/2018 - L’ex presidente uscente, Vladimir Putin, ha vinto le presidenziali russe del 2018 con il 76,69% dei voti. Un dato interessante di questa tornata elettorale è l’affluenza, la più alta registrata nella storia elettorale russa (67,47%, oltre 73 milioni di elettori). Qualche broglio denunciato e pressioni sui cittadini per andare a votare (es: ticket gratuito per concerti ai giovani, check-up medico gratuito per gli anziani, ecc.) non hanno certo delegittimato il voto plebiscitario nei confronti di Putin.
Otto erano i concorrenti (Putin incluso), di cui una sola donna, Ksenia Sobchak, conduttrice televisiva e figlia del mentore politico del presidente Putin, Anatolij Sobchak, primo sindaco democraticamente eletto di San Pietroburgo. Ksenia Sobchak, al suo debutto in politica, ha ottenuto solo l’1,68% dei voti.
Che lezioni possiamo trarre da questo risultato elettorale?
Personalmente, credo che il popolo russo con il voto abbia inteso confermare la sua fiducia in una linea di strenua difesa del paese. Putin è percepito dalla società come un difensore affidabile degli interessi del paese. Il ritorno della Crimea alla Russia, e poi certo la situazione geopolitica mondiale, il confronto con l’Occidente, le azioni antiterroristiche della Russia in Siria, sono tutti meriti attribuiti dai russi a Putin. Ma il voto al presidente uscente ha espresso anche una scelta di stabilità economica, con il riconoscimento di alcuni risultati raggiunti nel corso degli anni sul piano della politica interna. Questi risultati sono descritti nel discorso di Putin all’Assemblea Federale del 1 marzo, che costituisce, tra l’altro, un vero e proprio manifesto programmatico a breve termine, incentrato su cospicui investimenti nelle infrastrutture con un riammodernamento, almeno nelle grandi città, di strade, ferrovie, aeroporti; lotta alla povertà; miglioramento dei livelli sanitari e di istruzione, in particolare con una ripresa della tradizione russa negli studi scientifici (fisica, matematica, informatica e medicina); innalzamento dei livelli salariali (dal 1 maggio il salario minimo sarà equiparato al livello di sussistenza) e pensionistici (riduzione del divario tra le entità delle pensioni e le retribuzioni pre-pensionamento); misure per incoraggiare la natalità (bonus bebè, potenziamento budget per sostenere la maternità - costruzione di più asili nido), e tanto altro ancora.
Che cosa significa per noi occidentali questo esito elettorale?
Dal mio punto di vista, va rivisto il rapporto dell’Occidente nei confronti della Russia. Troppo ostile e chiuso a qualsiasi tipo di cooperazione. Questo vuol dire schierarsi con la Russia? No. Ci sono dei principi che ci tengono lontani. Mi riferisco alla nostra concezione di democrazia, di stato di diritto, al sistema di valori europei occidentali che poco o niente ha in comune con il codice di civiltà russa sostenuto dalle autorità politiche e religiose russe.
Tuttavia, vi sono interessi geopolitici convergenti.
Mosca ha avuto un ruolo importantissimo - anche per la nostra sicurezza - in diverse crisi internazionali (Libia, Siria, processo di pace in Medio Oriente, Afghanistan, così come nella sfida globale della lotta al terrorismo). In più l’Unione Europea si è allineata, insieme ad altri paesi (inclusa la Russia), contro Gerusalemme capitale d’Israele, così riconosciuta dall’America di Trump. Un obiettivo su cui, ad esempio, le diplomazie europee e russe potrebbero lavorare insieme, è la difesa dell’accordo nucleare con l’Iran, minacciato dal revisionismo di Trump.
Insomma, un rilancio del dialogo con la Russia non può che sortire vantaggi reciproci, in un mondo, oltretutto, che assume sempre più le caratteristiche della multipolarità.
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