La maggioranza dei russi è contro la violenza domestica.
Tuttavia, si è espressa a favore dell’alleggerimento della pena nel caso in cui le percosse (senza conseguenze sulla salute della vittima) siano inferte una prima volta.....
La maggioranza dei russi è contro la violenza domestica.
Tuttavia, si è espressa a favore dell’alleggerimento della pena nel caso in cui le percosse (senza conseguenze sulla salute della vittima) siano inferte una prima volta. Una percentuale significativa di russi ritiene che questo provvedimento - se approvato - diminuirà il numero delle percosse in famiglia (Indagine VCIOM)
Il 27 gennaio 2017 la Duma ha approvato in terza e ultima lettura una modifica all’art. 116 del Codice penale, che depenalizza la violenza domestica. Il 7 febbraio il presidente Putin ha firmato l’emendamento. D’ora in poi, le percosse in famiglia che procurano segni e dolore fisico (es: ecchimosi, sanguinamenti, ecc.) ma non lesioni (es: ossa rotte) tali da danneggiare pesantemente la salute della vittima di violenza, non saranno più per legge considerate illeciti penali. La responsabilità per questi atti sarà disciplinata dall’art. 6.1.1 “Percosse” del Codice sugli illeciti amministrativi della Federazione russa. Prima dell’emendamento all’art. 116 del Cod. penale, le percosse in famiglia erano punite con il lavoro sociale obbligatorio (fino a 360 ore), il lavoro di correzione (fino a un anno), la restrizione o la reclusione (fino a due anni), il lavoro forzato (fino a due anni) o l’arresto fino a sei mesi. Ora, a seguito della modifica dell’art.116, i maltrattamenti in famiglia (che non creano seri danni fisici alla vittima) saranno punibili in via amministrativa con un’ammenda tra i 5mila e i 30mila rubli (80-470 euro), l’arresto da 10 a 15 giorni o 60-120 ore di lavoro obbligatorio in servizi sociali. Resteranno, invece, un illecito penale (con una pena massima prevista di due anni di carcere), nel caso in cui vengano ripetuti più volte nel corso dello stesso anno o siano motivati da odio o teppismo.
In Russia, non esiste una legge sulla violenza domestica. Quest’ultima è regolamentata da alcuni articoli (111,112,115,116 e 119) del Codice penale. Di conseguenza, lo stupro coniugale non è, ad esempio, considerato un particolare tipo di reato. Non solo. Gli artt. 115 e 116 del Codice penale stabiliscono che sia la vittima di violenza a rivolgersi al tribunale dopo aver raccolto i referti medici che certificano le percosse, e dopo aver trovato le persone disponibili a testimoniare in tribunale l’episodio (o gli episodi) di violenza. Il crimine rientra nell’ambito delle “azioni giudiziarie private”, dove spetta alla vittima raccogliere le prove e denunciare l’abuso. L’idea di fondo è che “ciò che succede tra le pareti domestiche non è affare che riguarda lo Stato”. Un’idea su cui la Russia ha sempre dovuto confrontarsi, fin da subito dopo la rivoluzione d’Ottobre del 1917, quando, all’interno dello stesso gruppo dirigente bolscevico, c’era chi sosteneva la separazione tra sfera pubblica e privata e chi, al contrario, caldeggiava la sua cancellazione.
Il quadro giuridico corrente non prevede, poi, alcuno strumento volto a proteggere le vittime di violenza e a prevenire ulteriori atti di aggressione nei loro confronti. Esiste dal 2012 un disegno di legge sulla violenza domestica, ma che è tuttora all’esame del governo russo. Le statistiche fornite dal ministero russo degli Interni (ottobre 2016) rilevano che il 40% delle violenze contro le donne si consumano entro le pareti domestiche - a qualsiasi età, livello d’istruzione o status sociale.
Ogni anno: 36mila donne subiscono percosse dai mariti; 12mila donne muoiono a seguito delle percosse inflitte dai mariti (una donna ogni 40 minuti); il 60-70% delle vittime (donne) non chiede aiuto; il 97% dei casi di violenza domestica sulle donne non arriva in tribunale. Spesso le vittime di violenza domestica non sanno che azioni conseguenti intraprendere, a causa del basso tasso di alfabetizzazione legale. Per quanto riguarda i bambini. Ogni anno:26mila bambini sono vittime di attacchi criminali da parte di entrambi i genitori; 2mila bambini e adolescenti si uccidono per sfuggire alla violenza domestica e 10mila bambini e adolescenti scappano da casa (ved. immagine: statistica della violenza nelle famiglie russe).
Il problema vero consiste nel fatto che in Russia, nonostante la legislazione nazionale sancisca la parità tra uomo e donna, il dominio dell’uomo in famiglia rimane ancora un paradigma sociale e culturale accettato su larga scala dalla società russa. Persistono stereotipi del tipo “i panni sporchi si lavano in casa propria”, “se mi picchia, allora mi ama!”, ecc. Lo Stato non è interessato ad applicare pene più severe per questo genere di reato, poiché questo comporterebbe un maggiore onere per le forze dell’ordine. In più, la lotta contro le aggressioni domestiche si pone in contrasto con i dogmi religiosi della chiesa ortodossa russa, che ha un ruolo importante nel processo di costruzione dell’identità nazionale tesa verso un deciso conservatorismo comunitario. L’arciprete Dmitrij Smirnov, presidente della Commissione patriarcale per la famiglia, la tutela della maternità e dell’infanzia, ha sostenuto di recente in un programma televisivo che “l’idea che lo Stato debba ficcare il naso negli affari di famiglia” non è altro che un’imposizione della cultura occidentale sulla Russia.
La violazione dei diritti delle donne s’inasprisce in alcune regioni della Russia come, ad esempio, nella repubblica del Daghestan (Caucaso del Nord) dove, per persistenti retaggi culturali e religiosi, alcune donne sono sottoposte a mutilazione genitale. D’altro canto, la debolezza della società civile fa sì che in Russia non ci siano anticorpi sufficienti in grado di ostacolare iniziative pericolose, come quella sull’alleggerimento della pena nei casi di violenza domestica. E, in effetti, nei giorni in cui la Duma approvava l’emendamento all’art. 116, non si sono viste in piazza o per le strade delle grandi metropoli (es: Mosca o San Pietroburgo) grandi manifestazioni di protesta, come si sono viste, invece, in Polonia, nei giorni in cui il parlamento doveva esprimersi sul divieto totale di aborto. Certo, bisogna considerare che in Russia sono previste per legge restrizioni in materia di libertà a manifestare.
Tuttavia, la situazione non è disperante. È stata di recente lanciata una petizione online contro la violenza domestica, già sottoscritta da oltre 500mila persone, il cui scopo non è solo di contestare l’emendamento approvato, ma anche di condividere storie di violenza per far emergere una piaga nascosta. Il dibattito su questo tema divide la classe media urbana, aperta e disponibile a parlare di violenza domestica, rispetto ad altri strati sociali più bassi o rurali che sono, invece, reticenti ad affrontare l’argomento, a causa di condizionamenti culturali di tipo patriarcale.
IndagineVciom (Russian Public Opinion Research Center)
Il 19 gennaio 2017, il Centro russo di ricerca sull’opinione pubblica (VCIOM) ha presentato i risultati di un sondaggio condotto il 13-15 gennaio 2017 (qualche giorno prima che la Duma approvasse l’emendamento) sull’atteggiamento dei cittadini russi verso la violenza domestica. Il sondaggio in questione ha rilevato chei casi di maltrattamenti in famiglia non sono affatto rari: un terzo degli intervistati (33%) ha riferito che ci sono stati casi del genere nelle famiglie dei loro amici/conoscenti, e uno su dieci (10%) - nella propria famiglia.Le condizioni materiali del nucleo familiare incidono sui comportamenti violenti (Tab. A). Nonostante il 79% degli intervistati condanni ogni forma di violenza fisica in famiglia (soprattutto i giovani), un 19% considera lecito picchiare mogli/mariti/figli (Tab. B). La maggior parte dei russi ritiene che lo Stato debba infliggere sanzioni agli aggressori.Il 25% ritiene efficace il lavoro correttivo c/o servizi sociali, mentre il 13% - suggerisce una pena pecuniaria. Altri si orientano alla pena detentiva: l’arresto per 15 gg. (16%) o un periodo di detenzione più lungo (con la condizionale - il 6%; senza la condizionale - il 10%). Sia uomini che donne considerano, in primo luogo, il lavoro correttivo e l’arresto per 15 giorni (Tab. C). La clemenza (passaggio dalla categoria di penale a quella di illecito amministrativo) verso le persone che hanno commesso tale atto per la prima volta è sostenuta da più della metà dei russi (59%). Si oppone a questo approccio - il 33% dei russi (Tab. D). Il 41% degli intervistati ritiene che la modifica alla legge avrà un effetto positivo, riducendo il numero di casi di violenza in famiglia. Al contrario, il 13% si attende un peggioramento della situazione, mentre il 40% è dell’idea che non vi saranno cambiamenti (Tab. E). Elena Michajlova, direttora dei programmi speciali del VCIOM, reputa, tuttavia, che il principale strumento per combattere la violenza domestica non sia la “sanzione”, ma la “prevenzione”. Già nella fase di socializzazione primaria, i bambini dovrebbero imparare a rifiutare qualsiasi forma di violenza.
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