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RU486: una conquista? - di Teresa Benincasa

RU486: una conquista? - di Teresa Benincasa

Considerare la pillola Ru486 una “conquista” non può essere corretto neppure dal punto di vista della ricerca scientifica. Umberto Veronesi ...

Venerdi, 28/08/2009 - Considerare la pillola Ru486 una “conquista” non può essere corretto neppure dal punto di vista della ricerca scientifica. Umberto Veronesi che è agli occhi del mondo un autorevole esponente del mondo scientifico, lancia un appello poco credibile per tutte le donne, specie per quelle costrette a fare i conti con le forme di tumore più specifiche del loro sesso. Eppure è proprio alle donne che Veronesi ha rivolto i suoi apprezzamenti per la conquista della potente pillola abortiva. Dalla prima pagina di Repubblica nel giorno di San Lorenzo, l’esperto oncologo parla – forse più da esponente parlamentare - per rifocillare di energia il percorso ad ostacoli della nuova trovata farmacologia. Licenziata il 30 luglio con il visto dell’Aifa, Ru486 è il codice disponibile per interrompere una gravidanza, senza ricorrere al raschiamento. D’accordo sul via libera negli ospedali, dove la paziente è tutelata clinicamente, il Parlamento- per una volta in sintonia con la società- dibatte sulla commercializzazione della pillola abortiva.

Nella polemica che riguarda la tempesta ormonale che nel corpo delle donne è capace di arrestare sul nascere una forma di vita umana quello che dispiace è dover registrare- come sempre sulle questioni femminili- i punti di vista degli uomini e delle istituzioni che alle donne guardano come contenitori. La Chiesa e i medici hanno una prospettiva che rimane funzionale a scopi che mai privilegiano l’interesse femminile a sviluppare maggiore autonomia e indipendenza. E sebbene dagli antipodi, il no della Chiesa e il sì della medicina esprimono nelle differenti argomentazioni una comune retroguardia culturale che si sostanzia nel concepire la donna come soggetto passivo, subordinata alla loro ricerca della verità. Distanze siderali ma convergenti nell’idea che la grandezza delle donne, la superiorità di questo corpo magnifico e fragile, sia l’osservanza di regole pensate dagli uomini. Se così non fosse, se a capo della ricerca farmacologia vi fosse un’ispirazione femminile si sarebbe giunti ad una soluzione paritaria, funzionale per entrambi i sessi, se non perfino – parafrasando il linguaggio di Veronesi- dedicata alla grandezza degli uomini e del loro liquido seminale. Perché non orientare la ricerca a rendere questo seme disponibile a non rigenerarsi, dietro l’assunzione di specifici antidoti chimici? Perché non infrangere il muro della ricerca a senso unico, il cui risultato è sempre da sperimentarsi sul corpo delle donne? Inquietante che un esponente dell’oncologia italiana non spenda neppure una parola sull’avvertenza necessaria da dare alle donne in situazioni abortive. Non una parola sulle controindicazioni della Ru486 che sancisce un nuovo modo- svelto e veloce- sulla morte da somministrare nel grembo di una maternità indesiderata. Di estrogeni che innalzano il rischio tumorale non si fa accenno. Di privilegiare la prevenzione non se ne parla- neppure di quell’innocuo e malleabile preservativo in vendita dappertutto. Non aiutano le sentenze di una Chiesa che si rivela sempre contraria a tutto ciò che tende a dare alla donna il controllo di una qualunque situazione vitale. Lei madre, lei moglie, ma donna mai. Meno che mai quando si tratta di trarre piacere senza pagare il pegno. Spaventa pensarci sole così: senza una grammatica pubblica corretta, capace di coniugare il verbo della decisione con quello della libertà di scegliere informate, con la dignità di essere trattate pariteticamente rispetto agli uomini. Non incoraggia lo spirito delle donne sapere come Veronesi prevede con auspicio e sicumera il loro futuro: capaci di clonare se stesse e avvantaggiate nella procreazione perché volendo possono anche fare a meno dei maschi. Deve essere accaduto qualcosa di molto grave se un linguaggio così sterilizzato da ogni contaminazione di umanità, da ogni parola che sia espressione di amore, calore, unione, simbiosi, stia emergendo nelle argomentazioni sulla vita. Quasi che la morte dell’amore tra uomo e donna possa rappresentare una tappa evolutiva per la fecondazione. Mentre è questo il germe che sta uccidendo l’umanità: ogni volta che una donna vale come utero e ogni volta che un uomo non è pronto a riconoscere il suo seme si uccide il futuro, la libertà e la conquista. Si diventa schiavi di una scelta quando a questa si ricorre senza giudizio. “L’istruzione è l’unica speranza”- Rita Levi Moltalcini docet: solo se saprà essere libera di agire senza condizionamenti e di realizzare la propria identità ha senso chiamare conquista una libertà.

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