Venerdi, 06/08/2010 - Dopo una lunga e ingiustificata attesa il governatore Polverini ha finalmente firmato la delibera che autorizza l’uso dell’Ru486 nel Lazio. Né la presenza del Vaticano, né gli auspici del sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella hanno fermato, alla fine, quello che era un atto dovuto.
Quando, nel mese di giugno, si era verificata la prima somministrazione di Ru486, nell’Ospedale Grassi di Ostia, il governatore si era affrettato a fermare i medici della Divisione di Ginecologia con l’affermazione che non vi erano regole certe, ospedali autorizzati né letti dedicati.
Un pretesto evidente, visto che le regole i medici non hanno certo bisogno che le dia la Regione, per somministrare un farmaco, e che gli ospedali non hanno bisogno di autorizzazioni dell’Assessore o del Commissario per stabilire che tipo di prestazioni fornire. Per non parlare dell’ipotesi assurda di letti dedicati, come se vi fossero posti letto dedicati a una qualunque patologia, dall’appendicite alla polmonite…
La prova viene dal documento dell’Agenzia di sanità pubblica che autorizza 21 ospedali nei quali si svolgono oltre 150 interruzioni di gravidanza all’anno, quindi ne esclude solo 9, non prevede letti dedicati, e valutando che verranno utilizzati normali letti nei reparti di ostetricia e ginecologia, sottolinea che solo chi non potrà garantire l’intero percorso e la privacy per le donne non potrà eseguire la procedura.
L’Asp stima il fabbisogno di 2 posti letto per la somministrazione di Ru486, poiché nel Lazio, su 16.000 interventi solo 296 vengono attualmente effettuati entro le sette settimane, ma dimentica che la maggior parte di questi interventi vengono effettuati oltre la settima settimana per ridurre il rischio chirurgico, che in epoca precoce viene ritenuto dalla maggior parte dei medici, molto maggiore, soprattutto per le donne che non hanno mai partorito.
Altra cosa sarà quando le donne del Lazio, attualmente costrette ad emigrare in Toscana per assumere il farmaco, sapranno che possono ottenerlo nella regione di residenza, e quindi non vorranno aspettare che l’utero sia abbastanza grande per ridurre il rischio, ma chiederanno di utilizzare subito l’Ru486 per essere sollevate da un’attesa estremamente penosa, con buona pace di chi vorrebbe il massimo del disagio per punirle.
Rimane il problema del ricovero di tre giorni. E’ di oggi anche la notizia che la Toscana ha autorizzato il regime di Day Hospital in difformità da quanto deciso dall’Agenzia Italiana del farmaco e dal governo che non solo obbligano il ricovero di tre giorni, ma, per bocca sempre di Eugenia Roccella, hanno minacciato gli ospedali di non si sa bene quali ritorsioni amministrative se non sospendono la procedura alle donne che firmano dopo la prima somministrazione del farmaco. Ricordiamo che il primo giorno si assume l’Ru486, che interrompe la gravidanza, il secondo giorno si aspetta, e non succede nulla, il terzo giorno si assume la prostaglandina che provocando le contrazioni uterine permette l’espulsione del contenuto uterino.
Cosa faranno adesso gli ospedali del Lazio? Somministreranno l’Ru486 e poi, se le donne firmano , non gli daranno la prostaglandina? E, visto che è un farmaco in uso per la protezione della mucosa gastrica, le donne dovranno procurarselo a casa? Magari sottraendolo a parenti che lo usano? Comprarlo clandestinamente? Chiederlo in Toscana? Quale labirinto di bizantinismi ancora verrà frapposto fra le donne e una modalità di abortire più sicura e più comoda? O non lo possiamo dire, che le donne vogliono l’Ru486 perché vogliono soffrire di meno?
Ecco l’abbiamo detto. E non suona neanche poi così male.
Articolo tratto da: http://www.vitadidonna.org/salute/donna/polverini-cede-e-autorizza-la-ru486-nel-lazio-4807.html
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