Società/ Il comunicato dell’Udi - Il blitz del ministro Francesco Storace contro la sperimentazione della pillola RU 486 è stato condannato dalla presidente della Regione Piemonte
Pina Nuzzo Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2005
Il ministro Storace, dopo aver dichiarato di non sapere nulla della sperimentazione di aborto farmacologico a Torino, pur avvisato che la richiesta della Regione Piemonte era stata accolta già da alcuni anni e che il Sant'Anna, dopo un'estenuante attesa, finalmente aveva potuto avviare la procedura, con un tempismo sorprendente, in pochi giorni, ha attivato un’ispezione e scovato le presunte irregolarità procedurali, bloccando la sperimentazione della pillola RU 486. Sperimentazione autorizzata, dopo due anni di perizie, dallo stesso Ministero e dagli stessi ispettori che, oggi, cambiano idea, in piena sintonia con la parte più conservatrice della Gerarchia Ecclesiale che ha già opposto il suo veto come ieri aveva fatto per i Pacs, come l'altro ieri per il referendum abrogativo di alcuni sordidi articoli della legge 40.
Chiediamo ai media, opinionisti, femministe pentite, politici in procinto di fare coalizioni e programmi che poi dovremmo votare alle prossime elezioni, di prendere atto che fra le anomalie italiane (conflitto di interessi in settori vitali della vita pubblica, laicità dello stato barattata per un piatto di lenticchie, controllori e controllati in sodalizio come il gatto e la volpe ecc.) c'è, gravissima, la deroga alle garanzie di salute e integrità del corpo delle donne, come si è già visto con la legge 40.
La Presidente della Regione Piemonte, intervistata, ha detto che il Ministro dovrebbe vergognarsi, affermazione “censurata” dal telegiornale. Forse la Presidente Bresso ha aggiunto altro, ma ciò che ha detto è importante e coraggioso, visto il silenzio assordante che ha accompagnato, in questi anni, la scandalosa questione della RU486.
La legge 194 prevede espressamente che l'interruzione di gravidanza possa essere fatta con tecniche diverse rispetto all'intevento chirurgico; in molte Nazioni europee il farmaco, di cui il ministro parla come di una nuova diavoleria, oscura e pericolosa, è in commercio e in uso dagli anni ’90, nelle strutture pubbliche e private. Per “annacquare” la dimensione politica della decisione presa dal Ministro Storace, incominciano le rituali dichiarazioni sull’aspetto speculativo della sperimentazione: le valutazioni tecniche e scientifiche di due anni di controlli,cedono il passo al sospetto che si tratterebbe del solito business della casa farmaceutica produttrice. Lo sappiamo, l'etica economica e sociale spunta sempre quando fa comodo e, a questo punto ci chiediamo: a quando inchieste sulla pericolosità della pillola antifecondativa?
Alle donne italiane o che vivono in italia, o che solo non hanno i canali giusti (magari qualche farmacia svizzera) rimane solo la sala operatoria, niente scelta informata, niente discussione. Da anni questo argomento è tabù, nessuno vuole occuparsene perchè è "politicamente" rischioso.
In questo Paese dalla libertà condizionata, con il Parlamento che balbetta e la Cei che tuona (sentimento religioso vero, profondo e libero, se ci sei batti un colpo!), le donne dell'UDI, che non hanno mai, nemmeno per sbaglio definito l'aborto una conquista, ma che proprio perchè l'aborto è un dramma e una sconfitta, hanno chiesto e difeso una legge che lo togliesse dalla clandestinità e fornisse strumenti per vincerlo, cercano medici, direttori sanitari, amministratori e politici coraggiosi, che esprimano innanzi tutto e ad alta voce solidarietà ai loro colleghi e colleghe di Torino, che moltiplichino le richieste di sperimentazione, fino a che il Ministro non abbia più ispettori da mandare.
Può darsi allora che si accorga che in mezza Italia mancano i Consultori e che manca, a partire dal suo governo, una cultura di solidarietà vera verso la maternità, quella che certamente non possono avere i disprezzatori del corpo materno.
Noi intanto diamo tutta la nostra solidarietà alle donne, quelle di Torino, spiate e disorientate e alle altre, noi tutte, che non possono neppure scegliere.
Come diceva Don Abbondio "il coraggio, uno non se lo può dare", altrettanto però si può dire della nostra stima e anche del nostro voto.
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