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Rosa, Anita, Rupa e Duong Thu

Rosa, Anita, Rupa e Duong Thu

Cultura/ Il Premio Grinzane Cavour - Quattro premi ad altrettante scrittrici, al Grinzane di Cavour, nel castello piemontese dove ogni anno ha corso il famoso premio letterario internazionale

Mirella Caveggia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Settembre 2005

Quattro scrittrici, lontane per estrazione geografica, cultura e carattere, ma vicine per quella sensibilità intessuta di energia e delicatezza che connota la scrittura femminile, sono state premiate nelle diverse sezioni del premio che com’è noto si ispira ai giovani, all’internazionalità, al territorio. Per la narrativa straniera ha vinto la spagnola Rosa Montero con La Pazza di casa (Frassinelli). Alla vietnamita Duong Thu Huong è stato assegnato il Premio speciale, attribuito in rarissimi casi, per il romanzo Oltre ogni illusione (Garzanti), L’indiana Rupa Bajwa ha ottenuto il Premio Giovane Autore esordiente con il Negozio di sari (Feltrinelli) e alla sua connazionale Anita Desai è andato il Premio Internazionale Una vita per la letteratura.

“La pazza di casa”, cioè l’immaginazione, il folletto dispettoso che si drizza davanti alla realtà confondendola, è il perno del libro di Rosa Montero, un gran bel racconto che con una scrittura dal taglio cristallino, con scanzonata ironia e profonda intelligenza, raccoglie riflessioni, citazioni storiche e letterarie, ricordi. Un simile intreccio non sembrerebbe una novità; ma fin dalla prima riga tutto scorre con un andamento così fresco e leggero, con un ritmo talmente trascinante che il libro non si lascia più. Quest’opera narrativa che segue La figlia del Cannibale e Il cuore del Tartaro, è un omaggio alla fantasia (non solo a quella degli scrittori), che rende accettabile la vita e con il suo sorriso dà luce ai ricordi. Personalità spiccata, psicologa, piena di curiosità e di vita, Rosa Montero, paragonando il giornalismo, a cui si dedica con successo e la scrittura narrativa, dice che la domanda è ripetitiva e tediosa, ma risponde: « Sono due maniere di porsi con la realtà. Il giornalismo è un mestiere che accende in me curiosità e attenzione, il romanzo è un modo di stare dentro la vita, uno scheletro che mi sostiene. Sono costruzioni diverse. Nei giornali scrivo di quello che ho documentato e verificato, nella narrativa quello che so di non sapere, la narrativa entra nel fondo della coscienza. Ogni genere ha le sue norme. Nel giornalismo la precisione è un valore, così come la veridicità. Nel romanzo è l’ambiguità ad essere un pregio. Posso figurarmi di non scrivere più per i giornali, ma non riesco a concepirmi senza i romanzi». L’approccio agli argomenti è diretto e spontaneo, anche quando tocca l’attualità: «La strage di Madrid non è stato solo un atto di terrorismo, ha profondamente cambiato la Spagna». Della Spagna di oggi non è contenta: «Certo è meglio dell’Italia di Berlusconi, i cambiamenti sono importanti, ben vengano i nuovi governi». Zapatero non la incanta: «Si è proposto all’atto di una crisi, dopo il massacro. Il Paese, indignato verso un governo sordo alla società, ha reagito sensatamente . È stato un sollievo. Ma il nostro governo è arrivato senza avere maturità politica e professionalità sufficienti. Per questo sono sorti dei problemi, le riforme sono troppo repentine, e lui sembra volere giocare il ruolo del politico meraviglioso che vuole cambiare il mondo». E la legge che autorizza le unioni gay? «È coerente al sentimento degli spagnoli. Io non capisco le contestazioni a questa norma. La Spagna è uno dei paesi meno puritani. Ma non è certo questo che preoccupa la gente della strada». Come vorrebbe essere definita? «Vorrei che di me dicessero un giorno: non si accontentò mai di quello che sapeva».

Scivolata in silenzio dietro a Rosa Montero per soli quattro voti in meno, Duong Thu HuongWong, , è stata la vera protagonista di questa 24ª edizione, che le ha attribuito un riconoscimento speciale della giuria. Non solo perché l’ultimo dei suoi quattro romanzi Oltre ogni illusione (il titolo inglese “Al di là delle illusioni” forse doveva rimanere intatto) esercita per le descrizioni minuziose un fascino penetrante, ma anche perché prova con la sua storia di vita che la scrittura ha il potere sul destino e sul tempo.
In questa donna che alla timida gentilezza unisce la forza di una roccia, sono strettamente intrecciate le opere e l’esistenza, trascorsa in patria nell’inquietudine e nell’amarezza di un’esiliata. Seguita con sospetto dall’autorità vietnamita, è stata a lungo privata del passaporto, che ha riavuto dopo una battaglia diplomatica per il ritiro del premio a Torino. «Un dono inconcepibile», ha esclamato, stretta dall’emozione, questa donna che a vent’anni, durante la guerra del Vietnam è stata a capo di un drappello di quaranta volontari giovani Comunisti combattenti, di cui solo tre sopravvissero (e lei fra questi). Il dolore delle sue esperienze con il tempo si è rivestito di malinconia e di tenerezza, ma è ancora vivo. Nel 1979 quando la Cina attaccò il Vietnam, fu la prima donna soldato a scrivere rapporti sul conflitto. Dieci anni dopo fu espulsa dal Partito Comunista Vietnamita per il suo impegno in favore dei diritti umani e di una svolta democratica. Per le sue idee politiche è stata trascinata in carcere nel 1991 e ci è rimasta sette mesi. La censura ne ha sempre ostacolato l’attività, ma non l’ha paralizzata, anche se per anni le è stata negata la possibilità di pubblicare i suoi libri e di mandare in onda le sue sceneggiature televisive, in cui esprimeva il suo dissenso al Partito, al clima di terrore che spandeva, ai complici, agli intellettuali servili. Messa al bando, minacciata, disprezzata, impedita a varcare i confini, non si è mai piegata alle lusinghe di chi voleva comprare il suo silenzio. La rottura dell’isolamento è recente, ma appena sarà di ritorno in Vietnam dalla Francia e dagli Stati Uniti dove gli amici hanno pubblicato i suoi libri vietati (fra cui Novel Without a Name, Memories of Pure Spring), lei continuerà la sua battaglia.
Il libro narra la storia gonfia d’amore, di delusione e di solitudine di una donna che lascia la famiglia, la casa e gli agi quando scopre il tradimento del marito agli ideali della loro giovinezza. Alla fine di un percorso lacerante, si profila una malinconica, ma quieta consapevolezza della propria dignità. La vicenda, ricca di sfumature poetiche, si dipana in un paesaggio indimenticabile, tutto da penetrare tant’è viva e limpida la descrizione nei suoi toni ora di piombo, ora di perla. Preciso è anche il racconto del clima politico e sociale che avvolge quello intimo e privato di una scelta lacerante e irreversibile in nome della libertà di pensiero.
In lei abita ancora il dolore, che con il tempo si è rivestito di malinconia e di tenerezza. «La mia ispirazione viene dalla sofferenza del mio popolo e dalla mia personale». Perché il titolo del libro? «La vita umana è tutta avvolta dall’illusione. Si vive di illusioni e di disillusioni. Ma non è questo che alimenta la mia scrittura: è piuttosto la presenza ancora viva dei miei amici che sono morti, alle anime dolenti dei compagni che sono periti nella loro denuncia. Tutti i miei romanzi riflettono storie vere di persone che ho conosciuto, la cui morte ho ancora davanti agli occhi». Questa donna cha ha lottato con coraggio schiacciando la paura, con la sua storia remota e struggente rimarrà, al di là delle illusioni, nella memoria.

È un’autrice l’autore esordiente premiato; si chiama Rupa Bajawa , ed una florida ragazza nemmeno trentenne, dall’aspetto sereno e pieno di salute fisica e psichica. Con quei capelli corvini, la pelle scura e gli occhi nerissimi e ardenti non potrebbe che indossare il sari. Nel libro che l’ha rivelata, Il negozio di sari, la giovane Ruoa, con una scrittura che dipinge con tratto deciso mosaici scintillanti di colori e minuscole tavolette piene di animazione, ci parla della vita piatta e frustrante di un giovane commesso di una negozio delle tradizionali pezze di cotone e seta, il quale, in seguito ad una pazza indicazione del destino (complice una petulante cerchia di ricche signore), imprime una rotta diversa alla sua esistenza. Ma dopo un tuffo nella coscienza, ripiomberà nella stessa cornice di prima, in un torpore esistenziale che esclude il riscatto. È un talento sicuro, l’autrice di questo libro, già richiesto ovunque. Sembra una ragazzina: eppure quanta determinazione, che buon senso e che intuizioni letterarie. «Se si vuole si può trarre l’interazione per un racconto in ogni luogo e in ogni momento, spiega la ragazza che trova motivi di narrazione dall’osservazione penetrante di tutto quello che incrocia. Il mio lettore ideale? Qualcuno che è molto sensibile e che fluisce con la stessa vita dei miei personaggi, che li capisce come io li sento. Ho dedicato questo libro, il primo, a due persone della mia famiglia che non sono più con me. Non so se farò altre dediche e non so se sarò capace i finire altri libri. So solo che è meglio forzasi, sedersi e lavorare, applicarsi come per qualsiasi altra cosa, allenare la propria mente. Non che si scriva tutte le volte che ci si siede, ma penso sia importante crearsi l’abitudine del confronto con lo schermo del computer o con il foglio bianco. L’idea della grande ispirazione è molto romantica, ma uno scrittore non può solo aspettare quel momento. Quando un esordiente capisce che deve scrivere? «Non c’è un momento particolare. Per quanto mi riguarda, so solo che è l’unica cosa che posso fare per sopravvivere».

E chissà che non affiori un talento prezioso come quello di Anita Desai, , grande scrittrice, una delle voci più raffinate e colte della letteratura indiana, un’anima ricca di spiritualità, autrice di libri smaglianti di colori e di luce come Notte e nebbia a Bombay, storia di un ebreo scampato all’olocausto che finisce col trovare la morte in India, e molti altri, fra i quali Polvere di diamante e Viaggio a Itaca, raccolta di storie di donne ambientate in luoghi disparati. Gran signora della letteratura universale si è aggiudicata il Premio internazionale ‘Una vita per la letteratura’. Per lei, madre tedesca e padre bengalese, nutrita di cultura inglese e cittadina del mondo, parlano i suoi personaggi. Attraverso la loro voce l’autrice accenna che il presente e il futuro non si esprimono, che solo il passato è una realtà precisa che dà un senso alla vita che scorre al momento, che c’è poca comprensione fra la mentalità occidentale e la spiritualità indiana e che forse solo l’amore può offrire punti di contatto. Lei li ascolta, li racconta e anche se non sempre ne condivide il sentire, li ama. Lo fa capire, quando ne parla, il suo sorriso stupendo che sembra proiettarsi in uno spazio e in un tempo infiniti a cui pochi hanno accesso.

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