Domenica, 29/05/2022 - Il 29 maggio del 1982, 40 anni fa, scompariva dalle scene della vita e dello schermo Romy Schneider, un’icona d’arte cinematografica e performativa, una diva, ma anche, semplicemente, una Donna che aveva vissuto con dolore les Choses de sa Vie – per citare uno dei suoi film più belli – L’amante, in italiano, diretta da quello che la considerava la sua attrice-feticcio, il regista Claude Sautet, ed aveva per lei una sorta di idolatria, ma forse più una simbiosi, con lei che, al meglio, riusciva ad interpretare, con passione, sentimento ed intelligente sensibilità, le eroine dei suoi testi filmici.
Romy ha avuto una vita ricca e piena di gioie, chissà quante, e di dolori, molti, che l’han fatta crescere, maturare fino a farla diventare da semplice ragazzina un po’ prodigio a fianco di mammà – attrice e forse amante del Führer – ad interprete matura, conscia della sua bellezza e dei suoi ruoli, sia teatrali che cinematografici che, per l’appunto, esistenziali.
E forse molti di quei ruoli lei se li trasmise, li introiettò, vivendoli appieno quanto mai, nella vita, fino a morirne.
Nota, notissima la sua carriera che l’ha vista lavorare con i registi e gli autori più di livello e fama, quelli veri, basti citare Luchino Visconti ed Orson Welles, e passare dal suo tipo di educazione, civiltà e cultura prettamente austriache a quelle francesi e poi internazionali.
E l'incontro con il giovane Alain Delon per il film “Christine”, nel 1958, avrebbe segnato per sempre una svolta decisiva nella sua carriera.
Ma la morte, a tutt’oggi ancora non ben definita, anche se l’ombra del suicidio per dolore aleggerà sempre sulle note pur lievi del suo ricordo, la colse presto, troppo presto: e invece, forse, molto semplicemente, si era solo concluso il senso del suo passaggio e lei lo aveva ben percepito.
Ma, per citare la fine di un altro bellissimo film francese, ”Mourir d’aimer”di André Cayatte, del 1971, si dirà, sommessamente: Non fate pettegolezzi...
In Francia, quella che grazie all’amore ed al lavoro con Alain Delon, era divenuta la sua seconda patria, quest’anno la ricordano con un affetto ed un rispetto che sa di eternità: ‘in primis’ con un documentario che è stato proiettato alcune sere fa al 75° Festival di Cannes e che poi è subito dopo andato in onda in prima serata su France 3 nel corso di una serata speciale dedicata alla leggendaria attrice, attualmente al centro di un’imponente mostra alla Cinémathèque Française, che resterà aperta fino al 31 luglio 2022.
Diretto da Lucie Cariès, su un'idea originale di Clémentine Deroudille (curatrice della mostra presentata alla Cinémathèque), il documentario “Romy, femme libre” narra di lei attraverso elementi d’archivio ed interviste, molte inedite. Un testo per immagini che riesce a confermare un'osservazione essenziale che si può evincere dalla mostra-omaggio delle Cinémathèque française e cioé che Romy Schneider non è mai stata raccontata meglio di se stessa.
Grazie ad essa al visivo fruitore vien fatto di esplorare la vita ed il lavoro della Schneider attraverso i suoi stessi occhi, quegli occhi di attrice eccezionale che ha costruito la sua carriera internazionale, affrancandosi dalla sua immagine di ragazza acqua-e-sapone, ma anche e soprattutto è riuscita a realizzarsi e ad emanciparsi in tempi non poi così facili.
(...) Romy possède un visage que le temps ne peut détruire. Romy ha un viso che nessun tempo potrà mai distruggere.
(Claude Sautet, Sur Romy Schneider -1978)
Più va, più grandi ruoli mi vengono offerti e più ho paura del palcoscenico, più ho paura, meno sono sicura, più son piena di dubbi... (Romy Schneider)
Info: www.cinematheque.fr
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