I delitti del disonore - E' ripartito da Roma il cammino delle donne contro le violenze, gli stupri, il femminicidio
Angelucci Nadia Mercoledi, 25/03/2009 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Luglio 2006
“Gli aggressori, 'dopo averla picchiata selvaggiamente' (…), hanno compiuto su di lei, 'nonostante strenui e disperati tentativi di difesa, ripetuti atti di violenza sessuale' a seguito dei quali la donna ha perso i sensi” (dal Corriere on line dell’11 giugno 2006). Nel momento in cui scriviamo questo è l’ultimo episodio, in ordine di tempo, che porta alla ribalta dei giornali e delle televisioni la violenza contro le donne. Il tono degli articoli e dei servizi televisivi è quasi sempre lo stesso in questi casi: una tragica rassegnazione e un’impostazione asettica. Del resto come descrivere l’orrore di un corpo violato, la sofferenza di una persona, di una donna, violentata?
Le cifre della violenza sulle donne sono spaventose. Secondo gli ultimi dati di una ricerca Eures relativa al 2004 un omicidio su 4 avviene in famiglia, il 70% delle vittime sono donne e l’80% delle volte è un uomo ad uccidere. Le statistiche comunitarie ci dicono che in Europa la violenza rappresenta la prima causa di morte delle donne nella fascia di età tra i 16 e i 50. “L’ONU e l’UE la definiscono violenza di genere, cioè una violenza che si annida nello squilibrio relazionale tra i sessi e nel desiderio di controllo e di possesso da parte del genere maschile sul femminile. Le macro - tipologie di violenza riconosciute sono: violenza fisica (maltrattamenti), sessuale (molestie, stupri, sfruttamento), economica (negazione dell’accesso alle risorse economiche della famiglia, anche se prodotte dalla donna), psicologica (violazione del sé); di coercizione o riduzione della libertà.” (dal sito del Ministero Pari Opportunità).
Il 7 giugno scorso le donne hanno manifestato a Roma, a Piazza Montecitorio per ricordare I DELITTI DEL DISONORE, in occasione dell'iniziativa promossa dal 'Cartello antiviolenza' della Campania, Usciamo dal silenzio, Udi nazionale. “Rompiamo la congiura del silenzio" è stata la parola d'ordine, per richiamare l'attenzione sul "disonore con cui le istituzioni convivono. Il disonore delle attenuanti che reintroducono il delitto d’onore o dell’eccesso d’amore. Il disonore attribuito alle vittime: infangate, colpevolizzate, intimidite, zittite". Presenti un po' da tutta Italia con le 'Croci Rosa', le donne hanno chiesto pubblicamente "perché tante, solo perchè donne, vengono uccise dalle armi e dall’indifferenza, quella che non vede oltre i muri delle case e del pregiudizio" osservando che "la minaccia e la paura continuano a soffocare la nostra vita”.
Cristina Pecchioli e Liliana Nannicini (Usciamo dal Silenzio, Milano)- "Siamo qui per testimoniare che a Milano il problema è vastissimo. Ci sono delle cifre agghiaccianti e anche i giornali riportano continuamente notizie riguardanti la violenza sulle donne. Con questo presidio vogliamo chiedere un’attenzione della politica rispetto al problema sempre più emergenziale della violenza di genere, che si consuma in particolare dentro alle mura domestiche. Durante la campagna elettorale per le elezioni amministrative abbiamo fatto una serie di proposte che Ferrante aveva accolto e che vertevano prevalentemente sul discorso della prevenzione e dell’educazione e sulla formazione dei giovani e delle giovani a partire dalla scuola dell’obbligo. Riteniamo infatti che educare i bambini contro la violenza aiuti anche a far emergere ciò che si consuma all’interno della famiglia che per noi, purtroppo, non è solo il luogo dell’aggregazione ma dove talvolta si compiono violenze terribili. La famiglia non è solo il luogo dell’armonia ma, come diceva nel suo libro Adrienne Rich, anche un luogo di segreti, silenzi e bugie. Per noi quindi è importante che si educhino bambini e bambine ad una cultura di genere che consenta nuovi rapporti tra uomini e donne. La Campagna che abbiamo in mente è di tipo culturale e non repressivo e siamo un po’ preoccupate perché il nuovo Sindaco Letizia Moratti ha dichiarato che aprirà un ufficio delle Vittime. Questa impostazione del problema non ci soddisfa perché noi non siamo vittime, perché gli uomini devono riuscire ad 'autocriticare' le loro pulsioni un po’ primitive. Crediamo che il Sindaco dovrà accorgersi che la sua proposta di essere 'la mamma della città incontrerà moltissime obiezioni".
Stefania Cantatore (UDI, Napoli) - "Vivo questa giornata come l’inizio di una lunga marcia. Nelle città questo cammino è già cominciato con i Centri Antiviolenza che insieme, finalmente, hanno capito che bisogna agire sulla politica".
Rosanna Marcodoppido (UDI La Goccia, Roma) -"Credo che la cultura sia ancora profondamente legata ai simboli, ai significati del patriarcato. La violenza contro le donne segnala la permanenza di questa cultura che riguarda gli uomini e che vede le donne, troppo spesso, vittime isolate e isolabili. Questo stato di cose deve cambiare a partire dai contenuti della formazione scolastica e da lì raggiungere tutti i livelli. La poca presenza delle donne nelle istituzioni rafforza il fatto che il genere femminile sia considerato meno prestigioso rispetto alla politica. Questo è un errore enorme, smentito dai fatti, dalla presenza di donne a qualsiasi livello e in posti di eccellenza, per formazione, preparazione. Purtroppo ci sono alcune cose che non riescono ad essere superate; c’è un problema di potere che ha difficoltà a cedere, ad arretrare, a perdere potere e a dare potere. Ma è anche un problema di paure e di meccanismi di difesa che il genere maschile sta ponendo in essere, non avendo più la possibilità di giocare sull'inferiorità delle donne e che quindi reagisce attaccando. Questo però dimostra anche una inadeguatezza delle strutture, soprattutto quelle culturali, del nostro paese. La relazione tra i sessi ha bisogno di una cultura nuova. Noi donne dobbiamo trovare il modo per costruire ponti con il resto della società, trovare le parole più giuste e le pratiche politiche più giuste".
Pina Nuzzo (UDI nazionale)- "Con questo presidio, oggi, abbiamo voluto dimostrare a noi stesse che si può tornare in piazza, si può di nuovo essere visibili, si può dimostrare alle donne che non sono sole e che possono trovare delle compagne, che la violenza non è una questione che riguarda solo alcune, ma che ci riguarda tutte. Perché ogni donna che viene picchiata, stuprata, violentata, ammazzata è un danno verso tutte le altre perché è una maniera di tenerci sotto controllo e reprimere la nostra libertà".
Cristina Coccia (Impiegata)- "Serviva cominciare a fare qualcosa per noi anche su questo argomento. Uccidere le donne non è solo togliere la vita ma farle morire dentro. Troppe donne si tengono ancora le violenze che subiscono, bisogna aiutarle a tirare fuori questo problema. Io lavoro in una Pubblica Amministrazione e quando ho detto al mio dirigente cosa avrei fatto oggi si è meravigliato che il dato sulla violenza di genere fosse così elevato. Ancora non c’è una conoscenza oggettiva del fenomeno. Bisogna cominciare a parlarne, parlarne molto, parlarne bene. Ragionando sulla vita delle donne mi sono detta che forse è anche la violenza che subiamo in famiglia che ci impedisce di essere delegate, deputate, di essere presenti nelle amministrazioni pubbliche e di essere votate dalle altre donne".
Accade una notte, a Pescara ...
Norina Sprecacenere, la Presidenta di Telefono Rosa di Pescara, sui fatti del 10 giugno.
La notte tra il 9 e il 10 giugno, a Pescara, una donna è in pub con degli amici. Uno sconosciuto si avvicina a lei rivolgendole apprezzamenti molto pesanti. Lei lo respinge duramente. All’uscita del locale, mentre torna alla sua macchina, viene aggredita da quattro persone, tra cui il ragazzo del locale, violentata e pestata per più di quattro ore. All’alba, finalmente, qualcuno sente le sue grida di aiuto.
"Noi di Telefono Rosa siamo subito andate a trovare questa ragazza. Pensavamo di disturbarla e invece è stata molto contenta di vederci. L’abbiamo trovata fisicamente molto malridotta. Il tipo di violenza che è stata usata su di lei mi ha ricordato, anche se gli esiti sono stati diversi, i fatti del Circeo; ha il volto tumefatto, lo zigomo e il naso rotti da un calcio. Ma è molto determinata ad andare avanti con la giustizia. Le abbiamo offerto assistenza legale ma lei, il giorno stesso, aveva già chiamato un avvocato e noi abbiamo deciso di costituirci parte civile.
Da una parte ci preoccupa la mancanza di sicurezza e la poca sensibilità delle persone: la zona in cui è avvenuto lo stupro è centrale e ci sono molti locali; gli abitanti spesso si lamentano per il chiacchiericcio e la confusione. Mi chiedo come sia possibile che nessuno abbia udito la voce disperata di questa ragazza che si è difesa molto.
D’altra parte siamo fermamente convinte che alcune cose debbano essere fatte dalla legge. Bisogna sensibilizzare i politici su questo problema e fare leggi più dure. Anche le sentenze non ci aiutano".
MILANO CHIAMA ROMA
Ecco alcuni passaggi della nota diffusa dalle donne della Casa di Milano in occasione della manifestazione di Roma del 7 giugno
Ma è davvero aumentato il numero di donne uccise dai loro partner, o amici o familiari, spesso insieme ai loro bambini? I dati ci dicono che la Lombardia è la regione in cui si uccidono più donne, la commissione europea è anni che denuncia questi fatti, così come l'ONU. Nel nostro osservatorio quotidiano, prezioso ed unico osservatorio in cui le donne raccontano prima che la violenza diventi davvero pericolosa o quando "se la sono cavata" appena in tempo, appare chiaro che la violenza forse è aumentata o forse è più pubblicizzata, ma sicuramente ha cambiato stile! E' più feroce, più estrema, più "cattiva". Perché ? Come mai? Si potrebbe risolvere tutto con uno slogan: a donne più libere e decise corrisponde una violenza maggiore, una reazione da patriarcato che agonizza. Ma sarebbe troppo semplice, così come non basta più dire (come nella nostra iniziativa dell' 8 marzo di parecchi anni fa) che la violenza contro le donne è un problema degli uomini. E’ anche un problema delle donne e non solo delle vittime. Così come gli stupri etnici hanno dato un colpo terribile e simbolico all'inviolabilità del corpo delle donne. Queste morti ci parlano di un patto saltato fra uomini e donne, che non risparmia nessun genere di colpo. Come sempre è necessario allargare lo sguardo: a cosa si appoggiano tutte queste azioni estreme e che spesso determinano anche la morte per suicidio dell'omicida?
Ad una confusione simbolica sul ruolo delle madri e dei padri, dei mariti e delle mogli, del tipo di famiglia che si può o non si può tollerare. Parole come bi-genitorialità, affido condiviso, valore della vita, fecondazione assistita ma non eterologa, unioni di fatto e di diritto e via di seguito portano tutti valori buoni o discutibili, ma attaccano tutti la stessa cosa: l'identità' femminile, l'autorevolezza della madre, la competenza materna e via discorrendo. Detto questo noi che stiamo in trincea abbiamo preso una decisione aprire la nostra sede tutte le settimane alle donne che si sentono in pericolo ed "insegnare a valutare le situazioni di rischio" per difendersi e sottrarsi per tempo a questo rischio di morte! Non sarà risolutivo, ma è azione e pensiero insieme!
L’Associazione Casa delle Donne Maltrattate di Milano
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