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Roma / Un ponte intitolato a Settimia Spizzichino - di Carla Di Veroli

Roma / Un ponte intitolato a Settimia Spizzichino - di Carla Di Veroli

Settimia Spizzichino, unica donna superstite della retata del 16 ottobre del 1943 del Ghetto di Roma era un personaggio molto popolare...

Domenica, 02/12/2012 - LUNEDI' 3 DICEMBRE 2012 INTITOLAZIONE DEL PONTE OSTIENSE A SETTIMIA SPIZZICHINO



la Giunta Capitolina, su proposta della Giunta del Municipio Roma XI sostenuta dalla Comunità Ebraica di Roma, ha deliberato di intitolare il ponte carrabile che congiunge la Circ.ne Ostiense con Via Ostiense a Settimia Spizzichino. Settimia Spizzichino, unica donna superstite della retata del 16 ottobre del 1943 del Ghetto di Roma era un personaggio molto popolare a Roma: aveva perso ad Auschwitz tutta la sua famiglia e aveva scelto di diventare il testimone vivente dell'orrore dello sterminio, perché nessuno potesse dimenticare. Portò avanti il suo impegno continuativo teso a combattere le ideologie nostalgiche del nazismo e del fascismo. Ha vissuto fino al giorno della sua morte nel Quartiere Garbatella dove ha attivamente partecipato alla vita sociale e politica, non mancando mai di incontrare gli alunni delle scuole che serbano di lei un ricordo indelebile.

La cerimonia di intitolazione del Ponte è prevista per lunedì 3 Dicembre alle ore 11.00 lato Via Ostiense - Mercati Generali.



Ricordo di Settimia Spizzichino

«Io della mia vita voglio ricordare tutto, anche quella terribile esperienza che si chiama Auschwitz... Per questo, credo, sono tornata: per raccontare», Settimia Spizzichino.

Un ricordo di Settimia Spizzichino non può non partire da questo impegno preciso che ha guidato la sua vita da quando è tornata dai campi di sterminio fino alla sua morte avvenuta il 3 luglio del 2000. Tornata per «tigna», che a Roma vuol dire «ostinazione», «testardaggine». La sua testimonianza, filmata dalla Survivors of Shoah Visual History Foundation nel 1998, aveva una sua specificità: quella di descrivere la sua esperienza dal punto di vista di una donna che racconta la sua storia e insieme le storie di tante altre donne. Di una donna ebrea del suo tempo che ha vissuto per intero la sua vita prima e dopo Auschwitz. La dimensione della «normalità» è ciò che nel racconto di Settimia colpisce di più: quella normalità che nasce dal distacco fatalista e privo di autocommiserazione dei romani di vecchia generazione e che rende l'orrore del lager ancora più insensato e agghiacciante. La giovane allegra e ribelle di via della Reginella viene presa con la sua famiglia il 16 ottobre in un'atmosfera da incubo («c'era un silenzio fortissimo») e buttata in un vagone piombato per un viaggio massacrante. All'arrivo ad Auschwitz viene selezionata per il lavoro nel campo e separata per sempre dai suoi familiari. Da quel momento ogni cosa sarà l'opposto di ciò che avrebbe sognato ogni ragazza innamorata della vita: la rasatura dei capelli («Sentii una lunga ciocca scivolarmi sulla schiena nuda. Ogni volta che ci ripenso risento quel brivido»), la trasformazione in cavia umana per esperimenti sulla scabbia e il tifo («mi guardai allo specchio e non mi riconobbi»), la permanenza sotto una collina di cadaveri fino alla liberazione. Eppure, di questo inferno, Settimia ricorda cose che solo una donna può ricordare, piccoli gesti di solidarietà (anche da parte delle aguzzine), momenti che lasciano il segno. E poi ci sono le altre donne che incontra nel campo, le greche del Blocco Esperimenti, le kapò, quelle con cui fa a botte per il letto o per il cibo, le triestine razziste, le tre romane incontrate a Bergen Belsen, tra le quali la vivacissima Rina detta Persichella. Settimia non perde mai la speranza ma alla liberazione del campo è ormai svuotata, non prova alcuna emozione. Un racconto senza compromessi il suo, che non dimentica nessuno degli orrori allestiti dai nazisti. Un racconto che dice esattamente le cose come stanno, che non confonde niente, con i carnefici tutti al loro posto, così come le vittime, comprese quelle che ce l'hanno fatta e che hanno il diritto di ricordare, di accusare, di non perdonare. Tante storie, tante facce di donne. Ma quando torna a casa Settimia è sola. È rimasta soltanto lei, che ha preso la forza di tutte per rappresentarle, per diventare la loro voce, la loro memoria viva. Anche perché tra quelle donne c'erano sua madre, due sorelle e una nipotina di 18 mesi. E’ per questo che oggi ricordiamo questa donna straordinaria che dopo il '45, ha ricominciato a vivere e a lavorare.



Programma:



· Coro del Corpo della Polizia Municipale di Roma Capitale



· Introduce Federica Pileggi, attrice



· “Ricordo di Settimia” di Carla Di Veroli



· Lettura di un brano tratto dal libro “Gli anni rubati” di Settimia Spizzichino e Isa Di Nepi Olper a cura dell’attrice Federica Pileggi



· Riccardo Pacifici, Presidente della Comunità Ebraica di Roma



· Lettura di un brano tratto dal libro “Gli anni rubati” di Settimia Spizzichino e Isa Di Nepi Olper a cura dell’attrice Anita Kravos



· Andrea Catarci, Presidente Municipio Roma XI



· Gianni Alemanno, Sindaco di Roma Capitale



· Coro del Corpo della Polizia Municipale di Roma Capitale



Saranno presenti:



· gli Assessori del Municipio Roma XI Alberto Attanasio, Andrea Beccari, Nicola Cefali



· La Presidente del Consiglio del Municipio Roma XI, Valeria Baglio



· le consigliere e i consiglieri del Municipio Roma XI



· Gli alunni delle scuole del territorio e della Comunità Ebraica di Roma, Forze politiche, sindacali, associazioni culturali e combattentistiche

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