Roma, 7 dicembre 2010 – Rodolfo Vincenti, presidente dell'Associazione chirurghi ospedalieri italiani* (Acoi), dopo i fatti dell'ospedale San Filippo Neri di Roma, torna a denunciare “il clima ormai divenuto non più sopportabile in tema di rischio clinico correlato al trattamento di malattia”.
E lo fa proprio dopo l'episodio accaduto nel nosocomio dalla capitale, dove i genitori di un ragazzo in attesa dell'asportazione della milza, aggrediscono i medici alla notizia della morte del figlio nel corso dell'intervento chirurgico al quale era stato sottoposto. “Il drammatico episodio – riprende Vincenti - ha chiaramente scatenato i media che, forti della propria insostituibile mission, hanno riportato la notizia”. E per il presidente Acoi, “nessuno ricorda che da anni siamo in prima linea nell’impegno a fornire formazione e competenze a tutti i chirurghi nella gestione relativa alla riduzione del rischio clinico. A differenza di altre istituzioni – dice - noi facciamo! Il “Progetto Qualità e Sicurezza nel Blocco Operatorio” lo testimonia. Se ne incominciano ad apprezzare i risultati, ma nessuno li analizza compiutamente. Oggi i pazienti sono ancora più sicuri di un tempo ed il merito è anche nostro”. La morte di un giovane, ricorda il chirurgo, “è sempre una notizia degna di essere riportata. E’ la modalità che ci inquieta”.
“Da tempo, da troppo tempo – denuncia Vincenti - segnaliamo, inascoltati, che sia giunto il momento per tutti gli attori della sanità di fare un passo indietro ed analizzare il problema con visione ampia e quanto più realistica possibile. Leggere quanto si legge oggi sui quotidiani, direi nessuno escluso, è incompatibile con la corretta informazione”. Il presidente dei chirurghi ospedalieri, poi, prosegue la sua disamina mettendo duramente in chiaro gli aspetti più allarmanti della vicenda: “Con tutto il doveroso rispetto per i familiari soggetti della tragedia – dice - che nel momento di grave sconforto parlano di omicidio, di ottima salute del giovane figliolo, di “banale” intervento e con tutta l’umana comprensione per chi, di fronte alla malattia, vuole vedere la speranza, minimizzando la realtà, non possiamo altro che tuonare contro coloro che, ad ogni minimo sospetto utilizzano termini di impatto mediatico micidiali: tutto è ormai “malasanità”, “errori medici”, nulla è più “malattia”, “terapie a rischio consapevole”. Non si muore più per malattia, ma per “errore” di qualcuno! Il medico, il chirurgo in particolare, per esprimere al meglio la propria professionalità deve garantire la propria preparazione (ed in Italia possiamo dire che tale requisito è ai massimi livelli) , ma deve aver garantita la serenità con la quale rendere al massimo”. Il chirurgo, l’anestesista in alcune situazioni, per Vincenti, “sono come il pilota di F1: massima attenzione , esperienza, serenità per giungere al traguardo”.
E prosegue: “Non è possibile che nessuno abbia riportato che la chirurgia del San Filippo Neri, e tutti i servizi correlati, rappresentano un centro di eccellenza ai massimi livelli, e, ancor di più, che la Talassemia major è stata, sino a pochi anni fa malattia gravissima non compatibile con lunghe sopravvivenze e che oggigiorno, con tutte le più moderne terapie è ancora inguaribile. I danni che il ferro liberato dalla distruzione dei globuli rossi e dalle indispensabili trasfusioni, provoca in tutti gli organi (ed in particolare nel cuore) sono la causa della morte che, purtroppo, ancora oggi avviene in età giovanile (mediana 35 anni). Basterebbe che il giornalista, prima di indossare cappa e spada, aprisse uno qualsiasi dei siti delle numerose Associazioni contro le malattie rare (“Piera Cutino”, “Leonardo Giambone”, “ATDL” e tante altre), per avere un minimo di infarinatura di conoscenza utile soprattutto a coloro che poi leggono l’articolo e così scoprirebbe che il rischio operatorio di questi malati è rischio alto (trombosi , embolia, stroke, cardiopatia acuta ecc). E’ bene per tutti, cittadini e medici, che si faccia chiarezza sulla differenza che passa tra 'complicanza' ed 'errore'.
Infine il presidente Acoi avverte: “La violenza privata, i tentativi di linciaggio non potranno che apportare una voragine comunicativa tra medico e paziente”. “Che qualcuno ragioni, se ancora può”, è l'appello di Vincenti, “sul perché esistono stuoli di chirurghi che, potendo, anticipano il momento della pensione, del perché gli iscritti alla specializzazione di chirurgia sono in costante decremento, sul perché è sempre più difficile ottenere una copertura assicurativa adeguata, e, per ultimo, sugli effetti che tale situazione avrà nel breve futuro: fuga dalla professione medica. Vorrà dire che noi malati saremo finalmente operati da giornalisti”.
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