Migliaia di donne hanno firmato un appello alla ministra Severino, mandato per conoscenza alla Ministra Cancellieri:
chiarire e modificare l’articolo 1 del testo unico di pubblica sicurezza. Gli appelli al coraggio, le rassicurazioni verbali (poche), gli avvertimenti sul prezzo del silenzio, si fermano sulla soglia di un commissariato o di una caserma dei carabinieri.
Denunciare è difficile, per la negazione delle risorse alle reti antiviolenza, per la mancanza di alternative di lavoro e perché spesso il violento è il detentore dei mezzi di sussistenza.
Denunciare in Italia è ancora più difficile, e lo è fin dal primo passo ovvero la consegna della querela ai competenti : Polizia e Carabinieri.
Questa prima difficoltà di denunciare, non è poi così strano, è prevista e suggerita dalla legge che regola tutta la materia della Pubblica Sicurezza: il Testo Unico del 1931.
Al primo articolo è previsto che l’addetto sia tenuto a tentare
“la bonaria composizione del conflitto”
Questo “insignificante” particolare controlla il numero delle denuncie e insitamente permette al governo di non investire sull’eliminazione del femminicidio.
Col pretesto che sono le donne a non volerla.
Noi che vogliamo l’eliminazione del femminicidio
(Comitato Ricominciare e Udi di Napoli, La direttora e la redazione di NOI DONNE, DonneSudonne, Arcidonna, Arcilesbica,comitato 194, Le Kassandre, Cooperativa EVA, Dream-Team, Rete Campana delle donne di Sel, La Casa Internazionale delle Donne di Roma, Elvira Reale e Associazione Salute Donna, Monica Cirinnà)
Dopo l’annuncio del presidio, il Ministero ha proposto alle promotrici un incontro per il giorno 28 giugno alle ore 11,30 in Largo Luigi Daga - Roma
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