In scena fino al 7 aprile
Lo spettacolo è diviso in due parti ben distinte. La prima, in esclusiva italiana, per la regia di Lucinda Childs e Hans Peter Kuhn, è basata su un testo di Susan Sontag, “Description (of a description)”, che Lucinda Childs interpreta attorialmente, aggiungendo alla recitazione dei movimenti appena accennati, suggestivi, ma molto scarni. Le parole raccontano un evento fortuito: mentre la protagonista sta camminando, un uomo davanti a lei si accascia e muore. La donna interviene, ma ormai non c’è più niente da fare. Dopo il fatto, lei s’interroga sulla effettiva casualità dell’episodio, sulle sue reazioni e assenza di emozioni, sulle cause e gli effetti diquesto evento tragico, imprevedibile e imprevisto(oppure ineluttabile e previsto dal destino?) che lascia dietro di sé un’ombra di angoscia. Il monologo è frammentario, a tratti interrotto dai brandelli dei pensieri che la morte dell’uomo ha interrotto. Fatalità, destino, paura, ma anche un razionale esame di cosa sia stato scatenato da questo incidente e di cosa ne rimarrà nella memoria. I movimenti di Lucinda Childs, confinata su una piattaforma sospesa a metà tra il palco e il soffitto del teatro, sotto una crudele e uniforme luce bianca, sono degli scatti che poi si fissano, quasi si congelano, così come i suoi pensieri girano in tondo, si arrestano, per poi muoversi di nuovo. Forse il pubblico che non parla inglese avrebbe apprezzato la traduzione stampata del testo o dei sovratitoli, anche se la forza comunicativa ed espressiva di Lucinda Childs è sicuramente arrivata ai più.
Questa prima parte, molto breve, fa da prologo alla seconda, intitolata “Schroedingerhad a catnamed Milton”, che è uno spettacolo di danza di Michele Pogliani, ballerino, coreografo e storico collaboratore di Lucinda Childs, e del MP3 Dance Project.Ispirato al celebre paradosso della probabilità di Schroedinger, dimostrato con un esperimento sul suo gatto, questo sorprendente lavoro vede in scena l’ideatore e coreografo insieme a Agnese Trippa, Nicolò Traiano e Mattia Romano, impeccabili e magnifici, che hanno anche collaborato alla coreografia.
Anche qui, i movimenti a scatto, gli impulsi, le reazioni emotive, sono seguiti ogni volta da lentezza, energia trattenuta, armonia studiata. Questo oscillamento è accentuato dalle video-installazioni di Michele Innocente, proiezioni video in bianco e nero molto suggestive, che in larga parte mostrano immagini di persone o oggetti in movimento veloce, ma proiettati al rallentatore, spesso dai contorni non nitidi, come apparizioni oniriche o realtà sfuggenti, bagliori inafferrabili, alternati a orologi, il cui movimento è meccanico e inalterato. Il coreografo si muove in scena, osservando i tre danzatori da una certa distanza, accennandone i movimenti, come sognandoli o ricordandoseli, o come se li volesse imitare per non aiutarsi a non dimenticarli. La tensione tra razionalità e irrazionalità, casualità e destino, forza e armonia, gesti meccanici e fluidità è sottolineata magistralmente dal sound design di Maurizio Bergmann, che miscela l’algido rigore delle note di Bach a musica contemporanea pulsante e viscerale.
Al Teatro Vascello fino al 7 aprile.
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