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Roma / LA VIOLENZA PRO-LIFE

Roma / LA VIOLENZA PRO-LIFE

Domenica 13 maggio 2012 a Roma la 'marcia per la vita'. Ma per la vita di chi?

Sabato, 12/05/2012 -
Quando la violenza si maschera da buonismo è segno che qualcosa non va. Se poi a esercitare questa violenza sono le istituzioni, allora c'è veramente da preoccuparsi.

La scelta del sindaco di Roma, Gianni Alemanno, di concedere il patrocinio a un'iniziativa integralista e violenta cui hanno aderito realtà che si distinguono per la loro ispirazione omofoba e xenofoba è deprecabile sul piano istituzionale e del merito. Perchè?

Perchè la marcia per la "vita", domenica 13 maggio 2012, fa degli slogan pro-life lo specchietto per le allodole dei misogini del momento.

Quando si tratta di scegliere della vita altrui, e in particolare della vita delle donne e della loro libertà di scelta, sembra proprio che tutti abbiano voce in capitolo, fuorchè le persone direttamente interessate. Ci preoccupa e ci offende, poi, quando sono altre donne a cavalcare slogan lesivi della dignità dell'essere donna e della complessità secolare che il femminile affronta soffrendo e sempre risolvendo problemi. C'è una smania di potere (politico) e un richiamo a un bieco oscurantismo in uno slogan così: "Una donna che abortisce porta la sua anima all’inferno".

Una legge dello Stato approvata dal Parlamento permette di affrontare con consapevolezza e autodeterminazione la maternità. Invece, cavalcando un'ignoranza generalizzata (delle leggi italiane, dell'etica, della bioetica, della genetica), costoro approfittano della fragilità delle persone sbandierando la parola "VITA" sentendosi detentori della "verità" ed esercitando una sorta di prelazione sulla parola e sul concetto di vita. Ed è proprio questo il loro intento: controllare la vita degli altri, ma infischiarsene di tutto il resto. Quando queste associazioni confessionali  hanno speso impegno sulla violenza contro le donne? Quando hanno tuonato contro i femminicidi? Dove hanno denunciato le discriminazioni che ancora oggi colpiscono le donne nel mondo e in Italia? (secondo il Global Gender Gap Report 2011 il nostro paese è in 74esima posizione dopo paesi come Burundi, Mozambico e Bangladesh).

E proprio costoro, che accusano lo Stato di aver creato una legge che "da oltre trent’anni regolamenta l’uccisione deliberata dell’innocente nel grembo materno e i morti si contano a milioni" sono gli stessi che ignorano le donne, ad esempio nel loro linguaggio; gli stessi che non attribuiscono agli uomini alcuna responsabilità nell'atto della procreazione; gli stessi che invitano i giovani a non usare il preservativo e/o a non avere rapporti sessuali (protetti o no). E sono gli stessi per i quali non esiste sacerdozio femminile, in barba alle sacre scritture che invece lo prevedono. E sono gli stessi che non muovono un dito contro la violenza domestica, né contro la violenza istituzionale, né contro la violenza simbolica. Alla faccia della vita e dell'amore!

L'interesse morboso di costoro verso spermatozoi e ovuli, fecondati o no, fa parte di una visione sessuofobica del mondo e delle relazioni umane e tra i generi, un modo di interpretare il mondo che riteniamo pericoloso. E violento.

Chi si ostina a chiamare sacro un agglomerato di cellule e a non considerare sacro il libero arbitrio, dovrebbe chiarirsi le idee, soprattutto se si richiama ai valori del cattolicesimo e se rappresenta le Istituzioni.

Le donne dicono no a questa ipocrisia. Le donne, uniche portatrici di vita, anche al di là della maternità, con il loro lavoro di cura, con le loro professionalità e competenze, con il loro lavoro retribuito e non retribuito, queste donne vogliono che non si usi la parola VITA a uso e consumo del potere di turno.

Vogliamo che in Italia si torni a parlare di bioetica in termini corretti, pluralisti e laici. Vogliamo che in Italia si combatta la cattiva applicazione della legge 194, un'ottima legge che, lo ricordiamo, ha portato a una drastica riduzione degli aborti. E vogliamo che si smetta di dire bugie sui dati riguardanti RU486 e pillola del giorno dopo. Vogliamo che le persone competenti in materia possano finalmente trovare gli spazi e gli strumenti per informare. Vogliamo che lo Stato metta in condizione di lavorare i medici non obiettori, anzichè continuare a permettere ai medici obiettori di fare carriera e soldi sulla pelle delle donne. Vogliamo trasparenza. Chi combatte la legge 194, ipocritamente, è indifferente all'eventualità di un ritorno all'aborto clandestino. Ma le donne si oppongono all'ipotesi di tornare a vivere, nel silenzio, una tragedia. Perchè alla maternità, libera e consapevole, le donne non possono e non vogliono rinunciare.

Coloro che vogliono farle tornare ad essere dei "contenitori" di figli devono sapere che troveranno su questo sciagurato cammino le donne. Quelle che hanno lottato ieri, quelle che combattono oggi e quelle che vigileranno domani.

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