Roma/ La Casa delle Donne ‘Lucha y Siesta’ è salva
Marta Bonafoni: “Primo passo verso la città femminista che vogliamo”
Lunedi, 30/08/2021 - La Casa delle Donne ‘Lucha y Siesta’ a Roma è salva. La notizia è finalmente arrivata il 25 agosto scorso, quando le attiviste di ‘Lucha’ hanno annunciato che la Regione Lazio si è aggiudicata all’asta l’immobile di via Lucio Sestio 10 - finito nel concordato preventivo di Atac - luogo abbandonato divenuto in 13 anni sportello antiviolenza, casa rifugio, irrinunciabile spazio politico femminista e transfemminista della Capitale. Abbiamo raggiunto Marta Bonafoni, capogruppo della Lista Civica Zingaretti al Consiglio regionale del Lazio e presidente di POP idee in Movimento, che fin dall’inizio si è spesa per preservare quella che ha definito “un’esperienza unica in Europa”, finita in un gorgo di minacce di sgombero, distacco delle utenze e tentativi di speculazione durato oltre due anni e mezzo.
Come si è arrivati a questo traguardo che rappresenta un esperimento inedito per il modo in cui le istituzioni guardano agli spazi sociali e femministi?
È stata una partita difficile, che non avremmo potuto giocare senza la determinazione e la resistenza delle attiviste di ‘Lucha’ nella difesa di uno spazio di cura e relazione sotto attacco a causa della logica contabile dell’amministrazione Raggi, che lo inchiodava a un destino di sgombero. Tutto parte da un’idea che ebbi dopo una riunione in cui la vicenda Lucha sembrava volgere al peggio. ‘Perché non provare a costruire un emendamento per acquistare l’immobile?’, mi sono detta. Da lì è partito un enorme lavoro di squadra con l’approvazione di una norma finanziaria, che ha fatto in modo che alla terza asta riuscissimo finalmente a restituire ‘Lucha’ alla città. Non si tratta dell’arido acquisto di un immobile. È la buona politica che permette di non disperdere un patrimonio sociale collettivo che continuerà a esistere grazie a istituzioni che scelgono di far crescere sui territori laboratori di socialità, mutualismo e lotta alla diseguaglianze che sono stati l’ossigeno di Roma, prima, durante e dopo la pandemia. Da qui ripartiremo per supportare le attiviste verso la ‘Lucha’ del futuro, un vero e proprio esperimento di applicazione e pratica dei beni comuni.
Ecco appunto, la città. Roma si presenta all’appuntamento elettorale con altri spazi delle donne ancora in pericolo… È vero e sta a noi invertire la tendenza a partire dalla risoluzione del contenzioso che pende sulla Casa internazionale delle donne. Con ‘Roma Futura’, la lista civica a sostegno della candidatura a sindaco di Roberto Gualtieri, abbiamo deciso di provare a segnare una svolta, nel programma ma anche sulle parole. È la prima volta che il termine ‘femminista’ entra a Roma in un simbolo elettorale e per noi è il riconoscimento dell’enorme ricchezza del movimento delle donne, l’unico in grado di tenere insieme i temi del lavoro, della salute, della cura, dei luoghi di vita, con una lente intersezionale che riesce a mettere a fuoco quanto le città siano ancora pensate e modellate sul genere maschile.
Come si inverte questa tendenza e come si mettono al sicuro gli spazi femministi?
Si tratta di cambiare il nostro sguardo, di non pensare questi spazi come staccati dal resto della città. I luoghi autonomi gestiti dalle donne devono moltiplicarsi e riprogettare il tessuto urbano, renderlo sicuro per tutte e tutti grazie alla loro stessa esistenza. Noi li immaginiamo come i pilastri della città femminista, una città in cui ogni municipio ha un centro antiviolenza, una casa delle donne, in cui i consultori siano aperti tutti i giorni. Non basta parlare genericamente di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, bisogna metterli in pratica nella città, investendo su servizi e trasporti finalmente pensati fuori dai tracciati di quella sorta di urbanistica del patriarcato che ormai appartiene al passato.
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