Domenica, 17/10/2021 - "Mi piacciono le persone per le loro debolezze e difetti.
Mi trovo bene con la gente comune.
Parliamo.
Iniziamo a parlare del tempo e a poco a poco
arriviamo alle cose importanti.
Quando le fotografo non è come se fossi lì
ad esaminarle con una lente di ingrandimento,
come un osservatore freddo e scientifico.
E’ una cosa molto fraterna,
ed è bellissimo far luce su quelle persone
che non sono mai sotto i riflettori."
Robert Doisneau
Ha aperto, da poco, a Rovigo, nella sempre eccellente cornice di Palazzo Roverella – opera attribuita al ferrarese Biagio Rossetti, architetto internazionale del Rinascimento - una grande retrospettiva dedicata a Robert Doisneau.
La mostra, che resterà aperta sino al 30 gennaio del prossimo anno, è promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo ed è stata affidata alla curatela di un grande specialista del campo, Gabriel Bauret.
L’evento abbraccia l’opera dell’Artista senza distinzioni cronologiche, né alcun criterio di genere o tema, affiancando fabbriche, banconi di bistrot, portinerie, cerimonie, club di jazz, scuole o scene di strada in generale. Che si tratti di fotografie realizzate su commissione o frutto del suo girovagare liberamente per Parigi, vediamo delinearsi uno stile impregnato di una particolare 'forma mentis' che traspare anche nei suoi scritti e nelle didascalie delle foto; uno stile che mescola fascino e fantasia, ma anche una libertà d’espressione non lontana dal Surrealismo.
Come ha spiegato il curatore tanti i segreti, le storie, i pensieri e le verità nascoste che ben fan da corollario alle 133 immagini di Doisneau in parete.
Era nato nel 1912 nel sobborgo parigino di Gentilly. La sua formazione come fotografo nacque dall’apprendistato nel laboratorio di un fotografo pubblicitario. Ma la sua attenzione si trasferì presto ai quartieri popolari di Parigi e della 'banlieue', immagini che iniziarono a comparire sulle riviste attraverso l’agenzia Rapho, di cui fu uno dei membri più importanti. La guerra in seguito lo spinse a lavorare per la Resistenza, nell’intento di dare nuova identità ai ricercati. Dopo la Liberazione, fece alcuni 'reportages' per Vogue e nel ’49 realizzò un libro a quattro mani col suo sodale, il celebre scrittore Blaise Cendrars, La Banlieue de Paris, la prima sintesi dei molti racconti per immagini che dedicherà a questo mondo. Doisneau ne descrive la quotidianità, dando vita ad un racconto visivo in cui si mescolano una profonda umanità ed una nota di umorismo, sempre presente nel suo lavoro.
“Quello che cercavo di mostrare era”, ricordava “un mondo dove mi sarei sentito bene, dove le persone sarebbero state gentili, dove avrei trovato la tenerezza che speravo di ricevere. Le mie foto erano come una prova che questo mondo può esistere. Mi piacciono le persone per le loro debolezze e difetti. Mi trovo bene con la gente comune. Parliamo. Iniziamo a parlare del tempo e a poco a poco arriviamo alle cose importanti. Quando le fotografo non è come se fossi lì ad esaminarle con una lente di ingrandimento, come un osservatore freddo e scientifico. È una cosa molto fraterna ed è bellissimo far luce su quelle persone che non sono mai sotto i riflettori. Il fotografo deve essere come carta assorbente, deve lasciarsi penetrare dal momento poetico. La sua tecnica dovrebbe essere come una funzione animale, deve agire automaticamente”.
Le istantanee esposte potranno apparire al visivo fruitore non così attento
momenti di vita ‘banalmente quotidiana’, le naturalistiche e ben umane registrazioni fotografiche di situazioni casuali insomma ‘les-petit-choses-de-la-vie’ di ognuno di noi, ma non è così.
Nel 1950, Doisneau scattò una foto di una coppia che si baciava tra le strade trafficate di Parigi. L’immagine fu pubblicata su Life e divenne il suo lavoro più noto; chiamò la foto Le baiser de l’hôtel de ville (Il Bacio presso l’Hôtel de Ville). La coppia non è stata però ritratta per caso: Doisneau stava realizzando un servizio fotografico per la rivista Life, e chiese ai due giovani di posare per lui. Si trattava di Françoise Bornet, una studentessa di teatro, e del suo ragazzo, Jacques Carteaud.
E come in quella che fu un po’ il suo esordio, dietro a moltissime altre situazioni c’era un attento lavoro, una ‘regia’ che rendeva quei momenti assolutamente speciali, unici, proprio come il primo.
È il caso anche di Fox-terrier sul Pont des Arts, una foto scattata a Parigi nel 1953, che rivela un vero e proprio gioco di prestigio del mago Robert Doisneau.
“Come tutte le magie – afferma ancora il curatore – ci racconta due piani di storie: uno visibile, di superficie, l’altro...invisibile agli occhi.
Quella che si vede è una storia di sguardi: inizia con un cane che guarda un fotografo mentre il suo padrone guarda un pittore, che a sua volta guarda una donna vestita ma la ritrae nuda. Finisce con un dubbio, irrisolto, su cosa stia realmente guardando il padrone del cane.
Nella storia che non si vede, invece, c’è un grande fotografo, bravissimo non solo a cogliere l’attimo, come fanno i grandi fotografi, ma anche a inventarselo, come fanno i grandi artisti, pur dandoci l’illusione, come fanno i grandi prestigiatori, che – puf! – quella foto sia frutto del caso”.
A differenza dei prestigiatori, però, a Doisneau piaceva svelare i suoi trucchi: “Questa è una foto completamente costruita” – amava dire.
“Eravamo un bel gruppetto in un caffè di rue de Seine, tutti un po’ brilli; con noi c’era una ragazza che il compagno pittore voleva ritrarre sul Pont des Arts. Io gli ho suggerito di dipingerla nuda, per vedere come avrebbe reagito la gente”.
Era il suo modo di opporsi al principio di autenticità che, a suo dire, aveva bloccato l’evoluzione della fotografia.
Per come la vedeva lui, infatti, ... la disobbedienza e la curiosità sono i due requisiti principali di questo mestiere...
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