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Rivendico il diritto alla mia patria

Rivendico il diritto alla mia patria

Palestina - Prima donna araba eletta alla Knesset in un partito arabo, laico e di sinistra. Haneen Zoabi incarna la complessità di una terra mai pacificata

Emanuela Irace Domenica, 16/06/2013 - Articolo pubblicato nel mensile NoiDonne di Giugno 2013

Può chiamarsi democratico un Parlamento che approva leggi razziali? E un Governo che continua a praticare l’apartheid è legittimo? Haneen Zoabi non ha dubbi: “finché il Governo continuerà ad approvare leggi razziali Israele non potrà definirsi uno stato democratico”. Cittadina israeliana, membro della Knesset dal 2009, Haneen Zoabi è stata rieletta a gennaio nel partito arabo Balad, partito laico e di sinistra. Una vittoria osteggiata violentemente: “rappresento un partito che vuole una patria per tutti i suoi cittadini e non uno stato ebraico. La mia elezione è stata avversata per questo. Ho ricevuto lettere di minacce e insulti, anche all’interno del Parlamento”. Prima donna araba eletta alla Knesset in un partito arabo, Haneen Zoabi incarna la complessità di una terra mai pacificata. Palestinese, 44 anni, nata a Nazareth da genitori musulmani, ha una laurea in filosofia all’università di Haifa e una lunga militanza civile. “Mi considero una femminista laica. Sono consapevole di rappresentare un esempio per le donne palestinesi ma ho sempre pensato che le rivendicazioni femminili rientrino in un corpus sociale e nazionale più ampio, che riguarda la discriminazione di un intero popolo, quello palestinese”. Un popolo che non ha mai conosciuto la pace. “La pace è la conseguenza della giustizia. Io rivendico il diritto alla mia patria. Il Parlamento invece approva leggi sull’espulsione dei palestinesi dalla propria terra. L’ultima riguarda quarantamila beduini che rischiano di essere cacciati dal Negev. Hanno documenti che attestano la proprietà della terra in cui vivono ma i loro villaggi non sono riconosciuti dal Governo che, nel silenzio generale, continua ad espropriare le nostre terre”. Autori come Stanley Cohen parlano del diniego che la società israeliana esprime nei confronti dei crimini commessi contro i palestinesi. C’è una vera e propria rimozione da parte dell’occupante verso l’occupato. “Israele ha riscritto la storia e ha creato una patria di fantasmi. Nei programmi scolastici non si fa menzione dei villaggi palestinesi. I bambini non sanno che nel 1948 c’è stata la Nakba, la pulizia etnica, con l’85% dei palestinesi deportati, cacciati fisicamente dalle proprie case, più 400 villaggi sono stati distrutti, cancellati i loro nomi. Hanno reso invisibile un intero popolo. Ancora oggi la Knesset continua ad approvare leggi razziali: 34 negli ultimi giorni. Riguardano la cittadinanza, il ricongiungimento familiare, l’immigrazione. Interferire nel rapporto familiare è l’altra faccia della guerra demografica che Israele utilizza contro il popolo palestinese. Lo scopo è impedire ai palestinesi di rientrare in Palestina. Dall’altra parte invece c’è il diritto per i 20 milioni di ebrei sparsi nel mondo di ottenere la cittadinanza in sole 48 h. Tutto questo è ingiusto”. Che tipo di impatto hanno queste leggi sulle donne? “Le donne sono i soggetti più deboli. Quando viene sequestrata la terra, confiscata la casa, non sanno più dove andare. È un dramma, specie se ci sono bambini. Vengono sradicate e si impedisce loro di avere un futuro. Sono costrette alla povertà. Solo il 22% delle palestinesi ha un lavoro, è la percentuale più bassa del Medio Oriente. E poi c’è il problema del matrimonio e del ricongiungimento familiare, come palestinese la legge mi impedisce di sposare un profugo o un palestinese della diaspora, se lo faccio perdo la cittadinanza e sono costretta a lasciare il mio paese”.



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