Sabato, 09/03/2013 - Non si sa perché dobbiamo continuare ad usare espressioni "vecchie" come "parabole" e "figliol prodigo". Gesù si rivolge alla gente con un racconto e parla di un padre che al figlio bravo, un buon lavoratore con idea sulla famiglia un po' ottuse. Questo padre invece non è convenzionale e pensa sempre al figlio minore, il ribelle che ha voluto la sua parte di eredità, che lui ha lasciato andare in piena libertà a vivere a modo suo. Perso, non tornerà più, forse è già morto. Quando inaspettatamente torna, sconfitto e "richiedente asilo", il Padre sembra "strano". Fa una festa spropositata per il ribelle (i genitori cattolici sono un po' "scribi" e di solito solidarizzano con il maggiore che "non ci sta" a tanta indulgenza per uno sbandato). Appare strano perché si comporta da madre; è Filomena Marturano: i figli so' piezz' e core". Se rivede il figlio che credeva perso, forse morto, una donna dà giù di testa....
Guardiamo in Vaticano, dove sembra che abitino solo degli scribi che non capiscono più che cosa voleva dire quello sbandato di Gesù che stava sempre con i peccatori, come non vedere il danno di questi figli rimasti nella casa di un Dio che credono a loro sola immagine e in un idolo che è "vergine e madre"? e il pericolo che continuino a crederlo senza farsi aiutare...
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