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Riti e suoni del Messico preispanico

Riti e suoni del Messico preispanico

I suoni degli antichi strumenti musicali del Messico si possono ascoltare, per la prima volta, nella mostra 'Tlapitzalli' allestita a Roma alle Scuderie del Quirinale fino al 15 settembre 2024

Lunedi, 05/08/2024 - I suoni permeano la nostra vita, fanno parte del nostro ambiente e sono una componente essenziale della nostra cultura. Nella storia dell’umanità il suono ha sempre rivestito un ruolo importante, eppure si sa ancora poco del panorama sonoro delle antiche civiltà. E poter osservare i loro strumenti musicali esposti nei musei, certo, non restituisce i suoni che li rendevano vitali. Nasce da queste considerazioni, in particolare dal desiderio di poter sentire quale fosse il suono emesso dagli strumenti musicali preispanici, l’originale mostra Tlapitzalli. Riti e suoni del Messico antico, allestita a Roma, negli spazi espositivi al primo piano delle Scuderie del Quirinale, fino al 15 settembre 2024.

L’esposizione è curata da Frida Montes de Oca Fiol, restauratrice e conservatrice dell’Istituto nazionale di antropologia e storia (INAH) del Messico, coadiuvata da un team multidisciplinare, che riunisce un gran numero di competenze scientifiche diverse, dall’archeologia alla musicologia, dall’antropologia all’etnologia, dalla storia al restauro alla biologia. Il risultato è una mostra immersiva di grande suggestione, che attraverso 163 manufatti provenienti dalle collezioni di venti musei messicani, affronta un tema inedito anche per il Messico. I risultati di anni di studi nel campo dell’archeomusicologia, infatti, sono stati presentati per la prima volta a Roma, in questa mostra ideata per celebrare i 150 anni dei rapporti diplomatici Italia-Messico.

La rassegna ricrea e restituisce il paesaggio sonoro di civiltà remote e ancora oggi, per certi aspetti, misteriose. Lo stesso titolo della mostra “Tlapitzalli” è un termine che, inizialmente, si pensava indicasse gli strumenti musicali in genere, mentre ulteriori indagini hanno poi rivelato che il “Tlapitzalli” è un tipo di flauto azteco. Ma nel frattempo, come ha raccontato la curatrice durante la conferenza stampa, il suono musicale di questa parola aveva conquistato tutti e perciò è stata scelta come titolo.

Nella mitologia del Messico antico, del resto, la musica è originata dal vento, associato al soffio vitale, al respiro umano e dunque agli strumenti a fiato. Così ad accogliere il visitatore all’ingresso della mostra è posta una grande statua in pietra del dio del vento Quetzalcóatl, raffigurato con una collana di conchiglie, rappresentazione della vita e della sua origine associata all’acqua. Il dio indossa, all’altezza del petto, anche una conchiglia tagliata a sezione, la cui spirale interna rappresenta il movimento e il suono del vento, mentre la forma ricorda i petali di un fiore o le punte di una stella, in una visione che abbraccia l’intero universo.

Il percorso espositivo inizia con una sezione dedicata alle prime espressioni sonore, ottenute ricorrendo all’uso di conchiglie, ossa umane e animali, e ad altri oggetti sonori realizzati per lo più in ceramica (tamburi, sonagli, campanelli, fischietti e ocarine). I fischietti e le ocarine in ceramica sono magnifiche sculture in miniatura raffiguranti animali, esseri umani e personaggi mitologici, la cui funzione di strumenti musicali, fino alle attuali ricerche, in molti casi non era stata compresa. Gli antichi popoli originari del Messico, infatti, realizzavano i loro strumenti con materiali di natura diversa, quali argilla, legno, osso, metalli, frutti, semi, conchiglie; materiali per lo più fragili e deperibili, difficili da conservare e talvolta perfino difficili da identificare come oggetti sonori. Il ricorso alle radiografie ha permesso di osservare la loro struttura interna, scoprire indizi per comprenderne il funzionamento e, in alcuni casi, eseguire un restauro mirato al recupero del loro suono originario, registrato per l’occasione e trasmesso in mostra tramite apparati audio.

Un’altra sezione esplora il legame originario tra la musica e il sacro. Nelle culture preispaniche gli oggetti sonori, insieme al canto e alla danza, erano utilizzati nei riti sacri per collegare il divino all’umano e gli esseri umani alla natura.  La sonorità interveniva nelle occasioni importanti, quali i riti religiosi, le guerre, la caccia o per propiziare la semina, come mostra una scena raffigurata su una grande urna in ceramica della cultura olmeca (200-900) dove, tra gli altri, è raffigurato un personaggio che suona la tromba di conchiglia per fertilizzare il terreno con il suono dello strumento. Proprio perché gli strumenti musicali giocano un ruolo essenziale nelle cerimonie religiose, molti sono stati rinvenuti come offerte nei templi e nelle sepolture umane.

Un’ultima, importante sezione è dedicata alle sonorità della natura, con strumenti di vario tipo, che hanno forme zoomorfe e che venivano usati per imitare, chiamare e cacciare gli animali.

Siccome si suppone che l’essenza delle sonorità dei popoli precolombiani sia sopravvissuta tra gli eredi di quelle antiche civiltà, a questo scopo sono state condotte indagini etnografiche tra le popolazioni dell’odierno Messico.  Contemporaneamente, la musica dei popoli mesoamericani sembra abbia esercitato una certa influenza sullo sviluppo della musica spagnola, con la creazione tra Cinque-Seicento di forme musicali originali come la ciaccona.

La mostra, nata dalla collaborazione tra la Direzione Generale Musei del Ministero della Cultura Italiano e il Ministero della Cultura del Messico, è accompagnata da un catalogo edito da Artem.

Per ulteriori informazioni si rimanda al sito ufficiale: www.scuderiequirinale.it

Nelle foto alcuni dei 163 oggetti in mostra.


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